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Non c’è la prova che fosse lui l’utilizzatore unico del profilo di Sky Ecc, l’applicazione di messaggistica criptata. Anche per questo motivo la Corte d’Appello di Milano ha assolto Simone Andreini perché il fatto non sussiste. L’accusa era di riciclaggio e in primo grado aveva portato a una condanna a cinque anni. Andreini era accusato di far parte di una rete di narcotrafficanti che era guidata, sempre secondo i pm, da Andrea Deiana. Secondo le contestazioni degli investigatori questa rete di narcos aveva trovato il modo di “pulire i soldi” del traffico di droga con vendite fittizie di opere d’arte e, almeno in un caso, di una litografia di Banksy, oltre che di artisti legati a una galleria nel cuore di Amsterdam.
A rendere nota l’assoluzione di Andreini è stato il suo difensore, l’avvocato Gioacchino Genchi, il quale ha aggiunto che con la sentenza di oggi è stata anche revocata la misura dell’interdizione dai pubblici uffici ed è stata disposta la restituzione integrale delle somme che erano state sequestrate al suo assistito. Andreini, che il 15 maggio 2022 è stato destinatario della misura dell’obbligo di presentazione giornaliero alla polizia giudiziaria revocata il 9 aprile 2024, avrebbe fatto disporre alla madre e alla sorella bonifici su un conto corrente intestato alla galleria d’arte olandese, di proprietà di Deiana – il suo nickname era Banksy –, per un importo di 13.194 euro a falso titolo di pagamento di opere d’arte, poster, scarpe personalizzate. Denaro che per l’accusa sarebbe stato “provento del narcotraffico” e che, assieme ad altre somme (fino a un totale 500mila euro), sarebbe stato usato da Deiana per l’acquisto della litografia autografata di Bansky “Il lanciatore di fiori”. Le accuse nei confronti di Adreini con la decisione di secondo grado sono cadute.
“L’identificazione della presunta provenienza delittuosa era stata sostenuta dagli investigatori della Squadra Mobile di Milano, nell’ambito dell’operazione “Arkan”, dopo aver acquisito il contenuto dei dati testuali e multimediali delle chat dell’applicazione messaggistica criptata Sky ECC, asseritamente e assai genericamente riferite a Simone Andreini, su cui si fondavano i principali elementi indiziari che avevano condotto alla sua incriminazione”, sostiene Genchi in un comunicato stampa. “Andreini – prosegue il suo avvocato – è stato solo uno dei diversi utilizzatori dello Sky ECC ID LN7J9H che, come dimostrato, era invece utilizzato da diversi altri soggetti, pur potendosi assai verosimilmente individuare fra questi Andreini, per i saltuari frammenti delle chat eseguite con il nickname ‘Simone Gay’ che, come emerso, era solo uno dei tanti nickname con i quali veniva utilizzato, con altrettanti e ben diversi sei dispositivi IMEI/smartphone, lo Sky ECC ID LN7J9H”.
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