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Tutto è iniziato con il bacio in fronte di Fiorani a Fazio e i furbetti del quartierino di Ricucci, poi Moggi e la cupola del calcio, adesso i vizi pubblici (ma anche privati) di Vittorio Emanuele di Savoia. Nel frattempo sono emerse le falle nel sistema Telecom e c’è stato un presunto spionaggio telefonico a fini elettorali. La facilità con cui si può essere intercettati crea una situazione di insicurezza alla quale tutti sembrano esposti. Tutti, o quasi.
«Per tutelare la privacy e prevenire qualsiasi intercettazione bastano pochi, semplici strumenti» dice Gioacchino Genchi, vicequestore aggiunto di Palermo. «Niente centraline elettroniche o strumenti per la bonifica: non servirebbe a nulla. Bastano comuni software. I primi ad accorgersene sono stati i criminali».
Come consulente dell’autorità giudiziaria, Genchi compare nei più grandi processi di mafia ed è l’uomo che le procure chiamano per ricostruire vicende giudiziarie complesse attraverso l’analisi dei tabulati telefonici. E soprattutto quando c’è da portare avanti un servizio di intercettazioni particolarmente delicato.
Quali sono gli strumenti antintercettazioni che possono costituire una difesa contro lo spionaggio? «Fino a poco tempo fa» spiega Genchi «venivano preferiti particolari cellulari gsm (come i gsmk Cryptophone 200, ndr) che, usati in coppia, impediscono di essere spiati grazie a codici scambler che alterano il tono della voce in maniera digitale. Ma questo sistema, costoso, è ampiamente superato dalla telefonia Ip, cui si sono già affidati i criminali più scaltri».
Come funziona il sistema Ip?
Con la versione 2.5 Beta del software Skype o con quella evoluta di Msn, disponibili gratuitamente su internet: consentono l’immediata attribuzione di una quantità illimitata di numeri telefonici stranieri – siano svizzeri, brasiliani o inglesi – che sfuggono a qualsiasi intercettazione, legale o illegale. Basta un normale cordless bivalente per casa o, se si è all’esterno, un comune palmare o un cellulare Umts da poche centinaia di euro, per accedervi anche con un collegamento Wi-Fi. La connessione con internet avviene senza cavo, nei punti Hot spot, presenti negli aeroporti, alberghi, pub, ristoranti, metropolitane e perfino nei giardini pubblici, nelle spiagge e nelle discoteche.
Non ci sono possibilità di intercettazione?
Anche se venisse identificato l’Ip di provenienza, è sufficiente muoversi in un altro Hot spot per avere un account e un numero diverso. Dal piccolo spaccio fino al grande traffico di stupefacenti, la telefonia Ip è un vero salvacondotto per i criminali: si può conversare senza essere ascoltati, e si può sviluppare addirittura una videoconferenza, scambiarsi file, foto e filmati. Il tutto a costi irrisori, se non del tutto gratuiti.
La legge non può farci nulla?
Gli eventuali mutamenti legislativi, con restrizioni o ampliamenti delle intercettazioni, serviranno a ben poco. Quello che ci vuole è un efficace ammodernamento delle tecnologie.
Però molti vorrebbero cambiare la legge, anche per la mole di intercettazioni di oggi rispetto a qualche anno fa.
Non è vero che oggi ce ne siano più che in passato: sono aumentate le utenze nominalmente intercettate. Prima ognuno di noi aveva il solo numero di casa e quello dell’ufficio. Poi si è aggiunto il cellulare Etacs. Con l’avvento del Gsm è stato possibile sostituire la scheda, la sim, e inserirla in altri cellulari.
E allora?
Oggi, se si vuole intercettare un soggetto che usa il Gsm, bisogna attivare e duplicare una molteplicità di intercettazioni per sentire la stessa voce. Se poi il soggetto utilizza un Umts, che si collega in roaming a più gestori, servono ancora maggiori richieste e attivazioni di canali intercettivi rispetto a quanto succedeva con un Gsm normale. I numeri e le linee intercettate vanno a gonfiare le statistiche e questo spiega perché le intercettazioni sono aumentate. Con le statistiche, però, si fa solo confusione.
Che cosa intende?
Il problema non è l’aumento delle intercettazioni, ma la loro diffusione abusiva e in certi casi assolutamente gratuita. Bisogna impedirne la divulgazione, se riguardano terzi estranei al reato, anche durante le fasi dibattimentali. Per perseguire i colpevoli non si può far pagare il prezzo della «gogna morale» agli innocenti.
Il Laziogate ha messo in luce una falla nel sistema Telecom: alcuni addetti accedevano al sistema di comunicazioni controllando i tabulati senza lasciare traccia. Non basta, per cambiare le norme?
Quanto è successo è molto grave. La magistratura sta indagando e mi pare pure che stia facendo passi avanti. Però non è limitando le intercettazioni legali che si tutela la privacy.
Sì, ma le interferenze illecite ci sono state.
Indubbiamente. Ma vanno combattute e represse e, vedi caso, lo si è fatto proprio con le intercettazioni. Fino a quando le indagini e le interferenze nella privacy saranno regolate dalla legge, sotto il controllo dei giudici, non c’è da temere nulla. Il nostro ordinamento fissa soglie precise per le intercettazioni e le ulteriori attività invasive, sanzionando pesantemente gli abusi.
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