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MESSINA – Come già in passato, ha provato a vendere cara la propria pelle. È fuggito, inseguito dai carabinieri. Questa volta non ha sparato. Lo hanno però colpito i militari centrandolo a un gluteo. Solo allora si è arreso. Lui è Antonino Anastasi, 45 anni, latitante per mafia ed estorsione. Cantieri edili e negozianti di Villafranca e Spatafora il suo ramo di attività. Estorsioni a raffica per conto del boss Michele Ilacqua, considerato il ras della zona di Milazzo, a capo di un clan individuato e decapitato a dicembre scorso con un blitz antimafia. In quell’occasione fu emesso un nuovo provvedimento di arresto per Anastasi. Ieri mattina i carabinieri lo hanno acciuffato a Gesso, sulle colline intorno a Messina, dopo averlo stanato seguendo le tracce di uno dei suoi tanti cellulari. Il nascondiglio è stato individuato dopo una complessa analisi del traffico telefonico delle sue utenze, condotta dall’esperto informatico Gioacchino Genchi. Individuata la cella dalla quale provenivano alcune chiamate, è scattato il blitz dei carabinieri e Anastasi è finito in trappola. Considerato affiliato al clan mafioso di Milazzo, il latitante era stato già in carcere, dove aveva partecipato anche a una violenta rivolta nel penitenziario di Gazzi. Arrestato ancora per l’omicidio della moglie, Rosa Costa, aveva chiuso il conto con la giustizia con cinque anni di manicomio giudiziario. In passato era stato sospettato e arrestato ma poi assolto per l’omicidio del presunto amante della moglie, Antonino Scarpaci, meccanico di Barcellona Pozzo di Gotto. L’ultimo arresto risale al 1991. In quell’occasione, intercettato alla periferia di Messina da una pattuglia durante un posto di blocco, Anastasi, alla guida di un’utilitaria, ignorò l’alt sparando contro i militari. Ne nacque un rocambolesco inseguimento. Anche quella volta un carabiniere lo colpì. Anastasi fu ferito al collo ma riuscì a cavarsela. Allora era ricercato da un anno per evasione. Al processo per l’uxoricidio era riuscito a dimostrare la sua infermità, finendo al manicomio giudiziario di Reggio Emilia. Sfruttando cinque giorni di permesso premio era poi fuggito, facendo perdere ancora le proprie tracce. Indicato tra i più pericolosi latitanti di mafia della costa tirrenica, era braccato da un nucleo di militari che conoscevano una serie di particolari sui suoi contatti e sugli appoggi dei quali aveva goduto. Un patrimonio di conoscenze che, sotto il coordinamento del pm della Direzione distrettuale antimafia di Messina, Salvatore Laganà, è stato messo insieme con i risultati della ricognizione di Genchi sul traffico telefonico del latitante. Per l’individuazione e la localizzazione è stata infatti eseguita una complessa elaborazione dei dati. Anastasi utilizzava diverse Sim prepagate vendute a Messina da un commerciante che non aveva indicato le generalità dell’acquirente delle schede. Le Sim venivano poi accoppiate di volta in volta a vari cellulari, contraddistinti da un numero di identificazione diverso, per confondere ulteriormente le tracce. Nelle settimane scorse Anastasi era sfuggito per un soffio alla cattura. Da allora, intuendo che proprio le sue comunicazioni al telefono potevano avere messo i carabinieri sulle sue tracce, aveva cambiato totalmente apparecchi e schede, guadagnando alcuni giorni di vantaggio. Con un lavoro certosino dall’esame delle utenze chiamate in passato, si è isolato il lotto dei nuovi numeri utilizzati dal latitante, stringendo così il cerchio. L’indagine sulla cattura, affidata al pm Giuseppe Sidoti, punta anche a identificare i favoreggiatori di Anastasi.
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