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Ha ricevuto in carcere la visita dei carabinieri che gli hanno notificato un ordine di custodia cautelare con l’accusa di concorso in duplice omicidio. Sul capo del pregiudicato Salvatore Bagliesi, 47 anni di Partinico, è caduta una nuova, pesante tegola giudiziaria nell’ambito delle inchieste sulla faida nel paese del Palermitano tra la cosca dei Vitale e un gruppo emergente. In base alla ricostruzione degli inquirenti, l’uomo, arrestato per mafia un anno fa nell’operazione «Terra Bruciata», avrebbe avuto un ruolo nell’agguato del 10 aprile del ’99 in cui rimase ucciso Francesco Alduino e restò ferito il genero Roberto Rossello, che morì in ospedale alcuni mesi dopo. Il provvedimento restrittivo, firmato dal gip Antonio Tricoli su richiesta del procuratore aggiunto Alfredo Morvillo e dei pm Maurizio De Lucia e Francesco Del Bene, è stato notificato a Bagliesi, detenuto nel carcere di Catania, dai carabinieri della compagnia di Partinico.
Secondo l’accusa, Bagliesi, che deve rispondere anche di porto e detenzione illegale di armi da sparo, nell’agguato, compiuto poco dopo le 6,30 del mattino, avrebbe avuto un ruolo specifico di copertura esterna segnalando al killer gli spostamenti di Alduino, titolare di un panificio. Sul suo conto pesano le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Michele Seidita, ex reggente del clan Vitale che si è autoaccusato del delitto. Fu lui a sparare con un fucile nel panificio di Alduino, personaggio, in base alla ricostruzione degli inquirenti, legato a uno schieramento contrapposto ai Vitale. Seidita ha raccontato di avere progettato l’agguato perché nel novembre del ’98 Alduino avrebbe tentato di ammazzarlo. Seidita riuscì a salvarsi e decise di vendicarsi. All’agguato avrebbe preso parte, con il ruolo di autista del killer, anche Franco Salvatore Pezzino, cognato del collaboratore di giustizia, che a luglio è stato condannato all’ergastolo, mentre per il pentito c’è un procedimento in corso.
Bagliesi, secondo l’accusa, con un colpo di clacson avrebbe segnalato al sicario, nascosto in un magazzino, l’arrivo di Alduino nel panificio. L’avrebbe seguito dalla sua villa fuori paese sino all’arrivo in paese. La sua presenza davanti all’abitazione della vittima è stata ricostruita anche grazie a una perizia compiuta dal vicequestore Gioacchino Genchi, grande esperto di informatica, che ha individuato due chiamate partite dal telefonino di Bagliesi all’alba del 10 aprile nella zona dell’abitazione di Alduino. Un riscontro fondamentale per gli inquirenti, anche perché dall’esame dei tabulati non sono mai risultate altre chiamate a quell’ora.
Tutta la ricostruzione del delitto è stata messa nera su bianco nell’atto d’accusa dei magistrati della Dda poi confluito nell’ordinanza di custodia. L’attività investigativa, compiuta dai carabinieri di Partinico e dalla sezione anticrimine del Ros, è servita anche a riscontrare le dichiarazioni di Seidita e a trovare conferme su alcuni momenti dell’agguato, dalla preparazione all’esecuzione.
E si indaga anche su tre presunti complici
Dall’esame delle telefonate nei giorni a cavallo dell’agguato nel panificio di Partinico sembrano emergere altre responsabilità. Almeno altri tre personaggi sarebbero coinvolti nel duplice omicidio. Uomini che avrebbero preso parte alle fasi del delitto, dal furto dell’auto alle staffette per il killer in fuga. I loro nomi emergono nella corposa consulenza preparata dal vicequestore Genchi, che è stata utilizzata nel processo sfociato nella condanna di Pezzino. Su di loro sono in corso indagini. Nell’esame tecnico, un passo è dedicato a Bagliesi e alle due chiamate fatte all’alba del 10 aprile del ’99. Sono stati presi in considerazione circa cinque anni di telefonate, durante i quali mai il pregiudicato ha usato l’apparecchio all’ora del canto del gallo. «Le sue abitudini erano sintonizzate sul fusorario di Mosca», ha commentato Genchi.
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