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A PALERMO CONTROLLATO IL TELEFONO DEL PREFETTO

Il Sole 24 Ore - 6 febbraio 1996 - di Vincenzo Morgante

PALERMO – <Io ritengo che in questo caso si tratta di sola clonazione. Almeno me lo auguro>. Il prefetto di Palermo, Achille Serra, cerca di ridimensionare il clamore suscitato dalla notizia che il suo telefono cellulare risulta tra quelli clonati e mette in guardia <da chi semina il panico facendo credere che il Paese sia sotto controllo>. Ad accorgersi che qualcosa non andava per il verso giusto è stato proprio lo stesso Serra. Spesso il suo apparecchio era disturbato dalle interferenze e altre volte la linea risultava occupata nonostante il telefonino fosse spento. Un mese fa il controllo sui tabulati Telecom, poi la denuncia alla polizia giudiziaria e l’apertura di un’inchiesta da parte del sostituto procuratore presso la pretura circondariale, Luca Crescente. Centinaia i procedimenti pendenti: <Quello della clonazione – afferma Crescente – è un fenomeno di proporzioni molto vaste che sfrutta la permeabilità della rete di telefonia cellulare>.

Oltre a quello di Serra sarebbero stati clonati i cellulari di questori, capi di squadra mobile, funzionari di polizia, magistrati di procure impegnate in indagini antimafia. Gli inquirenti stanno cercando di verificare se vi siano anche casi di comunicazioni spiate: <Risulta che sono state clonate delle utenze di alcune personalità – afferma il procuratore presso la pretura di Palermo, Salvatore Celesti – ed è possibile sospettare, con una certa fondatezza, che alla clonazione si associ anche la possibilità di intercettazioni>. Tra le vittime risulterebbe anche – ma le indagini non sarebbero condotte da Palermo – il sostituto procuratore di Messina Angelo Giorgianni, titolare di inchieste sul traffico di armi, mafia e Tangentopoli.

Allarme desta il ruolo ricoperto da Cosa nostra pure in questo tipo di attività: <Abbiamo rilevato che oggi forse le armi e gli esplosivi sono uno strumento accessorio della criminalità – precisa il dirigente del Centro elettronico della polizia di Palermo, Gioacchino Genchi – rispetto alla tecnologia delle telecomunicazioni, delle apparecchiature telefoniche, dei computer che stanno prendendo il posto degli esplosivi e dei kalashnikov per realizzare propositi illeciti>. Già tre anni fa finirono in carcere quindici persone fra Palermo, Agrigento, Catania, Teramo, Catanzaro, Milano e Roma accusate di clonare per conto della mafia i telefonini. Si scoprì che Cosa nostra utilizzava i cellulari per preparare attentati, mettere in contatto padrini latitanti e uomini d’onore e origliare le telefonate di esponenti delle Forze dell’ordine come l’allora questore di Palermo Matteo Cinque e il capo della mobile Salvatore Mulas.