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Omicidio Fortugno, giallo sul medico-boss

Si indaga sui tabulati. La moglie nessun dubbio, erano motivi di lavoro - La vittima ha parlato per 31 volte al telefono con Giuseppe Pansera, prima che diventasse latitante

Corriere della Sera - 21 ottobre 2005 - di Fiorenza Sarzanini

REGGIO CALABRIA — Contatti che riemergono dal passato. E che adesso potrebbero fornire nuovi spunti nell’inchiesta sull’omicidio di Francesco Fortugno, il vicepresidente del consiglio regionale ucciso a Locri, mentre usciva da un seggio delle primarie, domenica scorsa. Sono i dati sulle telefonate avvenute tra il politico assassinato ed esponenti del clan mafioso dei Morabito; in particolare Giuseppe Pansera, il genero del boss della ‘ndrangheta Giuseppe Morabito conosciuto come «Tiradritto». E’ un medico in servizio alla Asl di Melito Portosalvo, centro della costa ionica, arrestato nel febbraio del 2004 in un casolare dell’Aspromonte dove si nascondeva insieme con il suocero, dopo quattro anni di latitanza. L’ordine di custodia cautelare porta la data del 14 marzo 2000. Fino a quindici giorni prima nei tabulati dei suoi telefoni ci sono le tracce di trentuno colloqui avvenuti con Fortugno. Altre due chiamate a Pansera risultano fatte da sua moglie Maria Grazia Laganà, direttore sanitario dell’ospedale di Locri.

I dati sulle conversazioni, che non risultano essere state intercettate, emergono da una perizia allegata agli atti del processo di Milano sul traffico internazionale di droga gestito dalla cosca calabrese, che si è concluso un paio di settimane fa con numerose condanne, compresi i sedici anni inflitti a Pansera. Quella consulenza, già trasmessa nei mesi scorsi dagli inquirenti milanesi ai colleghi reggini, è stata nuovamente «segnalata» dopo l’omicidio e dovrà adesso essere analizzata dai carabinieri del Ros e dai poliziotti dello Sco che seguono le indagini. I magistrati milanesi avevano affidato a Gioacchino Genchi, l’esperto palermitano specializzato nella lettura del traffico telefonico, una perizia su tutti i contatti degli imputati su utenze fisse e cellulari fino al 2003. Incrociando questi elementi è venuto fuori il nome di Fortugno. «Sicuramente — spiega sua moglie Maria Grazia — le telefonate riguardano il rinnovo del consiglio dell’ordine dei medici, visto che anche Pansera è un dottore e quando si rinnovano le cariche noi Pansera, genero di Morabito, è stato arrestato nel 2004 dopo 4 anni di latitanza contattiamo tutti».

Scorrendo i tabulati gli inquirenti hanno notato anche contatti che potrebbero rivelarsi interessanti per le indagini. Il primo risale al 1996. Il 22 aprile Fortugno riceve sul suo cellulare una telefonata da Domenico Attinà, anche lui accusato di appartenere alla cosca dei Morabito. Poi, nel novembre del 1999 contatta per tre volte Leone Bruzzaniti, affiliato al clan omonimo e recentemente condannato a 19 anni e mezzo di carcere per traffico internazionale di stupefacenti. Del contenuto dei colloqui non si sa nulla. La famiglia ha escluso sin dal giorno dell’omicidio che Fortugno avesse mai ricevuto minacce o intimidazioni. I primi colloqui della vittima con Pansera risalgono al 1997. In settembre il medico genero del boss Morabito chiama per due volte il medico genero di Mario Laganà, esponente di spicco della Democrazia Cristiana. Poi più nulla per due anni, fino al febbraio del 1999 quando riprendono i contatti. All’epoca Fortugno è primario del Pronto Soccorso all’ospedale di Locri, ma è già impegnato politicamente.

Pansera lavora nella Asl di Melito e ha già avuto disavventure giudiziarie per via dell’ingombrante parentela con «Tiradritto», ma si è sempre dichiarato innocente. La famiglia è certa che i colloqui riguardassero esclusivamente rapporti professionali, ma su questo si tornerà ad indagare proprio per capire se Fortugno possa aver subito pressioni. Sin dal primo giorno gli accertamenti dei magistrati reggini si sono concentrati sul settore sanitario, di cui Fortugno era responsabile per la Margherita in Calabria oltre ad essere vicepresidente del Consiglio Regionale. L’attenzione è puntata sull’appalto per la ristrutturazione dell’ospedale di Locri e su altri affari che riguardano le convenzioni delle strutture private, ma anche la nomina dei nuovi direttori di dodici Asl commissariate nell’agosto scorso. Gli inquirenti restano convinti che il delitto, di stampo politico-mafioso, rappresenti un avvertimento al vertice della Regione e agli altri eletti alle ultime elezioni amministrative.