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L’Avvocato del diavolo: E’ solo una messinscena

La verità è ancora tutta da chiarire, ma... - Nuove ipotesi sulla strage di una famiglia per cui è sotto accusa il cugino-nipote - Secondo la Procura il movente dell’eccidio sarebbe da ricercare in una maxi truffa in cui pareva coinvolto un legale che, dalle ultime notizie, sembrerebbe non essere mai esistito

Cronaca Vera - 12 luglio 2006 - di Gigi Montero

”Ho già pianificato tutto x te cioè ho già lasciato disposizioni al notaio al commercialista e al direttore di banca così siccome io scendo x la metà di febbraio”. L’sms è del 12 dicembre 2005, ore 13 e 44, e rinfranca il pranzo del probabilmente ansioso Camillo Pane. Come dire “tutto ok, è fatta”. E lui era già a sfregarsi le mani, pronto a rivendersi il terreno appena comperato a un conoscente della ‘ndrangheta. Non sapeva ancora che l’affare che stava portando a termine si sarebbe concluso in un massacro, dove lui avrebbe perso la vita insieme alla moglie Annamaria e ai figli Eugenio e Maria, uccisi a colpi di pistola in un casolare di Tre Olivare, a Caraffa il 27 marzo scorso (vedi “Cronaca Vera” n. 1753 e 1760). E nemmeno s’immaginava che quel nipote tanto caro, Claudio Tomaino, accusato della strage, avrebbe coperto la vicenda come una storia di sette sataniche. Come un sacrificio di sangue da fare a Satana. Non poteva immaginare che l’avvocato Armando Manfredi, che ormai gli scriveva sms dalla primavera precedente, portando avanti le sue intermediazioni immobiliari, fosse l’avvocato del Diavolo. Perché proprio Claudio gliene aveva parlato e presto lo avrebbe incontrato di persona. Era convinto fosse uno che presto gli avrebbe fatto fare la grana, tanta grana per lui, che aveva campato lavorando come infermiere per tanti anni: “Gli investimenti che valuteremo insieme per maggio-giugno comunque ci sentiamo ancora prima che scendo per qualsiasi cosa scrivimi su questo numero”. Così chiosava nel prosieguo del sms il potentissimo avvocato, capace di fargli acquistare in tempi rapidi e a prezzi convenienti immobili da rivendere.

E infatti la verità non l’avrebbe immaginata mai. E nessuno l’avrebbe scoperta, se il superconsulente della Procura di Catanzaro Gioacchino Genchi non avesse recuperato quei messaggi cancellati sul cellulare di Camillo Pane. Messaggi che dimostrano che l”’Avvocato del Diavolo” è solo un film con Al Pacino. E che per il Patto con Satana di Tomaino non c’era certo bisogno di scomodare Goethe e il suo Faust.

Affari interessanti

Perché in realtà l’avvocato Armando Manfredi non è mai esistito. E il cellulare da cui partivano era intestato proprio al nipote, che aveva opportunamente cancellato dal suo telefono ogni traccia.

Era cioè lui a far credere allo zio di essere in possesso, attraverso l’avvocato Manfredi, di interessanti affari per lo zio. Al computer falsificava i contratti, chiedendo probabilmente una percentuale sulla buona riuscita del colpo. Poi però lo zio ha li venduto il tutto. E ha girato terreni, case e quant’altro l’avvocato gli procurava, a personaggi legati alla ‘ndrangheta di Lamezia Terme. Cedendo per milioni carta straccia. Qualcuno ha probabilmente chiesto il conto. E Tomaino glielo ha fatto pagare, giocandola come una vendetta luciferina, probabilmente perché il Diavolo fa meno paura di un boss calabrese. Ne sarebbe uscito lindo, magari pazzo, ma nessuno avrebbe saputo.

Invece no. In nove relazioni Genchi ha ricostruito le frenetiche telefonate del 26 marzo tra Tomaino e lo zio e quelle della giornata successiva, il 27, quando, a massacro avvenuto, i cellulari delle vittime si sono spostati con loro alla stazione di Paola, dove è tata abbandonata la macchina degli zii. A guidarla sarebbe stato il nipote: il tassista che lo ha riportato a casa lo ha riconosciuto. Tomaino ha simulato così una partenza improvvisa della famiglia, inviando un sms alla sorella della zia uccisa, Angela Sacco, con il cellulare che le ha sottratto: “Angelina fin ti ho detto niente ma stasera partiamo per ricovero per camillo sai come è Camillo nn vuole che si sa nn so quanto stiamo in settimana prossima ti chiamo per la fretta abbiamo dimenticato anche i caricatori a presto risp”. Con quello portato via al cugino Eugenio è invece partita una telefonata ad Angelina Pane: “Sono Camillo … Sono a Paola e sto partendo per Torino … per ricoverare mia moglie e mia figlia … “. Ma quando viene fatta, alle 18 e 26, Camillo Pane era morto da un pezzo.

Il puzzle lentamente si ricostruisce lino a quando, in località La Marinella, viene ritrovata l’arma del delitto, oltre ai carteggi del fantomatico avvocato Manfredi, identica a quella trovata a casa di Camillo Pane.

Ma qualcosa, evidentemente, ancora non torna. Tomaino, avendo preso l’auto degli zii il giorno della strage, non può aver fatto tutto da solo. Perché la sua auto qualcuno, da lì, deve averla recuperata. E, a oggi, è indagata per favoreggiamento la compagna Daniela Silipo, con cui i registrano in quelle ore convulse numerosissime chiamate.

Schede telefoniche

L’attenzione del pm Salvatore Curcio e dei carabinieri, sotto la guida del tenente colonnello Francesco Iacono, si sposta anche altrove: come le chiamate fatte dal cellulare di Eugenio quando ormai era morto a una donna palermitana già al centro di indagini dell’Antimafia. E ancora a quelle fatte da Tomaino, poco prima e poco dopo la strage, a tre professionisti della zona, a un elettricista, a una ditta torinese. E infine a quelle fatte da Tomaino e compagna a un loro stretto amico, uno che aveva un set di sim telefoniche svizzere. Molte ombre aleggiano sulla vicenda: dai rapporti di Tomaino con alcuni esponenti della ‘ndrangheta ai poco chiari rapporti di letto di alcuni dei protagonisti, che potrebbero portare a ulteriori rivelazioni. E ancora, alcune note registrate sul telefono di Tomaino che fanno pensare a giri assai poco limpidi del ragazzo: “corsi di formazione professionali regionali già preparati dal professore v. e consegnati a m. che e in pessimi rapporti con codesto ma devono essere firmati e deliberati in giunta regionale da parlare con zio e (. .. ) urgent”. Affari strani. Ma quello che appare ancora più strano è come Camillo Pane, benché magari sprovveduto, avesse affidato i soldi a un avvocato senza mai avere visto se non lui almeno una sua persona di fiducia che non fosse il nipote. Che comunicasse solo attraverso sms. Ma forse una spiegazione la può dare ancora la consulenza Genchi. Perché nel cellulare di Camillo Pane, oltre a diversi mms e sms deliranti e inneggianti al nazismo, a Hitler e al Duce, c’è un altro messaggio di testo del fantasma Manfredi: “Ti ringrazio tanto claudio mi ha dello tutto e so che manderai il pensiero tramite la mia ragazza anche io quando scendo ti porterò un ottimo cherry e cognac”. Ecco forse l’intermediario: la ragazza dell’avvocato. Chi? All’appello, per la fine della recita a soggetto, manca ora solo lei.

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