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Gioacchino Genchi se n’era accorto da tempo che il centro di ascolto Telecom nascondeva qualche cosa di decisamente sospetto.
Lui è il maggior esperto di traffici telefonici nel nostro Paese e lavora ad inchieste delicatissime per molte procure italiane. E adesso è lui stesso a raccontare: «Con la creazione del Cnag di Telecom, il Centro Nazionale Autorità Giudiziaria, si bloccarono di fatto alcune richieste di tabulati telefonici per importanti inchieste». «Altre richieste – prosegue Genchi nel suo racconto – furono trattate ed evase in modo errato».
Dottor Genchi, ma la creazione di quel centro di ascolto affidato a Giuliano Tavaroli non doveva essere di supporto alla magistratura?
«Per quanto mi consta, questo non avvenne. Abbiamo ricevuto i tabulati di indagini delicatissime solo dopo diversi anni. Questo ha determinato la scarcerazione di numerosi imputati e l’impossibilità di concludere tempestivamente le inchieste».
I ritardi di cui parla furono segnalati alla magistratura?
«Certo, ci sono centinaia di solleciti e diffide, con altrettanti procedimenti penali. In un caso il presidente della Corte d’Appello di Palermo, lo stesso del processo Andreotti, in una sentenza con cui ha riformato una decisione del Tribunale di Agrigento a seguito di una mia perizia, ha formulato pesantissime accuse alle strutture gestionali dell’epoca della Telecom di Milano».
Il Garante della privacy ha scoperto che Telecom aveva anche un sistema denominato Radar, per le intercettazioni illegali. Di che si tratta?
«La procedura “Radar” che è stata appositamente realizzata ha operato parallelamente ai programmi gestionali dell’azienda, interrogando ed interagendo con la stessa base di dati telefonici, senza però lasciare traccia delle operazioni eseguite in modo clandestino».
Cioè?
«Chi controlla in modo centrale un’applicazione, è come il padrone di casa. Ha il potere di fare entrare nella propria abitazione chi e quando vuole, senza dare conto a nessuno. In Telecom, praticamente, sembra essere accaduto proprio questo, grazie anche alla creazione del centro Cnag».
In altre parole, il suo rapporto con la Telecom non sembra sia stato facile.
«Assolutamente no. Ma se qualcuno, in Telecom, ha commesso delle illegalità, questo non significa che tutto il personale dell’azienda sia colluso, come non significa che lo è quello delle altre compagnie telefoniche. Vorrei affermare con forza che c’è molta gente perbene, che fa il proprio lavoro con rigore, puntualità e con la massima riservatezza».
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