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ROMA – Il più ossessionato dalle cimici è sempre stato il governatore della Sicilia. Se le è fatte cercare dappertutto, nella sua bella casa davanti alle palme di Villa Sperlinga e nelle sale di Palazzo d’Orleans. Era così angustiato e così sicuro che qualcuno lo stesse sorvegliando che Totò Cuffaro ha dato incarico di scovarle nientedimeno a quello che per legge gliele avrebbe dovute mettere: un maresciallo del Ros. E poi angosciato cambiava sempre «carte» e cambiava sempre i suoi cellulari, più di cento in due anni. Cautela che non è servita granché, Totò ha lasciato più di un milione e mezzo di tracce telefoniche che l’hanno portato a processo.
E’ una guerra che si combatte ogni giorno quella tra spiati e spioni. E non solo nella Palermo che fino a qualche tempo fa era disseminata di «spilli» – così i mafiosi chiamano i trasmettitori di voci – è l´Italia tutta che sta diventando un grande microfono.
Ce n’è per tutti i gusti e per tutti i prezzi. Con 300 euro si può comprare una cimice in grado di captare una conversazione e con con poco più di mille si può «bonificare» uno studio o una camera da letto. Spionaggio e controspionaggio artigianale per mogli o mariti in sospetto di tradimento, niente a che fare con i più sofisticati sistemi utilizzati dall’intelligence. Per controllare su ordine della magistratura o per proprio conto, legalmente e illegalmente, ma sempre con straordinaria efficacia, sul mercato è arrivato l’ultimo mostro. E’ uno strumento poco più grande di una scatola di scarpe che per nome ha una sigla: Ga 900. Costa alcune centinaia di miglia di euro e «rintraccia» chiunque. Gli americani e gli inglesi l’hanno usato per dare la caccia a Issac Adus Hamdi, uno dei terroristi delle bombe di Londra del 21 luglio 2005. In Italia l’hanno in dotazione anche i nostri servizi e i reparti d’eccellenza, lo Sco della polizia e il Ros dei carabinieri, la Dia e il Gico della finanza. Quando il Ga 900 – un display delle dimensioni di un pc portatile – si monta su un´auto, entra in azione e «dialoga» subito con satelliti civili e militari. Poi, localizzato il suo numero obiettivo, intercetta ogni conversazione. In gergo, per gli addetti ai lavori, è «lo squalo». Ed è stato proprio «lo squalo» – l’8 luglio dell’anno scorso – a catturare ogni parola di un colloquio tra Giampiero Fiorani e Stefano Ricucci. Il banchiere di Lodi e l’immobiliarista usavano schede telefoniche di una compagnia svizzera ma il Ga 900 li ha individuati e ha cominciato ad «ascoltare». Lo «squalo» in quel caso era su una Passat station wagon, dentro c’era un maggiore del nucleo di polizia tributaria delle fiamme gialle. Tutto in regola.
Capita però anche il contrario. E quasi sempre la vittima è eccellente, perlopiù uomini politici. In piena Tangentopoli il parlamentare dell’Udc Bruno Tabacci trovò una cimice sulla sua macchina. Nel gennaio del 2000, l’attuale presidente della Camera Pier Ferdinando Casini denunciò l’esistenza di una microspia nel suo studio. L’avevano sistemata nella scatola della presa del televisore. Un paio di anni fa, l’autista del presidente della provincia di Pordenone Elio De Anna se n’è ritrovata una in mano. Era nascosta in una confezione di deodorante nel cruscotto dell’auto blù.
Intercettazioni ambientali e intercettazioni telefoniche. Le utenze controllate nel 2005 con regolare autorizzazione della magistratura, sono state in Italia poco più di 80 mila. Le altre, chissà. Ma c’è un modo per non farsi ascoltare? «L’unico telefono che non si può intercettare è quello guasto», risponde Gioacchino Genchi, vicequestore della polizia di Stato in aspettativa, esperto in analisi di traffici telefonici. E spiega: «Il problema è più generale, quando parliamo di intercettazioni illegali il primo punto da affrontare è la permeabilità delle aziende telefoniche. Ci sono decine e decine di dipendenti denunciati per avere passato informazioni sensibili a chi non dovevano».
Troppi spifferi, troppi numeri riservati e tabulati venduti o barattati. Come accade sempre più spesso anche con alcuni provider dei servizi internet. Si traffica con le password, si creano collegamenti paralleli e poi intercettano le mail. «Le aziende dovrebbero investire di più in sicurezza, un bene che i clienti ancora poco conoscono e troppo poco chiedono», dice sempre l’analista di traffici telefonici Gioacchino Genchi, consulente nelle più delicate inchieste di tante procure. E’ comunque un mercato in espansione. Se per comprare «lo squalo» bisogna andare fuori dall’Italia, tutto il resto si acquista più o meno lecitamente nei nostri negozi e anche via Internet. Dalle cimici più semplici ai ricevitori multibanda, dalle microspie «a discarica» (un registratore in miniatura che viene attivato a distanza) a piccolissime telecamere ad alta definizione. Un’altra novità è un aggeggino che costa meno di 5 euro. Trilla e si illumina di lucine rosse, arancioni e verdi in presenza di una microspia in un’autovettura. Si può trovare sulle bancarelle di Napoli. Per quelle lucine che si accendono, lo chiamano «l’albero di Natale».
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