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ROMA – Prima o poi faremo tutti la fine di Bernardo Provenzano e ci affideremo anche noi ai pizzini? O per parlare con mogli o amanti o amici e colleghi saremo costretti a chiamare con i più sosfisticati e inviolabili satellitari, quelli che probabilmente usa bin Laden sulle montagne tra il Pakistan e l’Afghanistan? Ritireremo fuori dal cassetto carta e penna o, al contrario, sarà la tecnologia a garantire in futuro la nostra riservatezza e la nostra serenità? Le spie hanno orecchie sempre più lunghe, qualcuno ci ascolta ovunque.
Una volta gli specialisti della materia dicevano: «L’unico telefono che non si può intercettare è quello guasto». È ancora così? Dobbiamo davvero rassegnarci ad avere alle calcagna certuni che per tutta la vita rovistano nella nostra vita? Oppure possiamo difenderci, attrezzarci in qualche modo per tutelarci la privacy? «Basta usare il cervello e organizzarsi un po’ per evitare intrusioni di vario genere», risponde Gioacchino Genchi, siciliano, vicequestore della polizia di Stato in aspettativa (le prime indagini sul “movimento” dei cellulari dopo la strage di Capaci sono sue), consulente informatico di tante Procure, uno dei massimi esperti italiani di “traffico” telefonico e analisi di dati. Lui dà la caccia a mafiosi e sicari, nella “rete” però ha incastrato governatori come Totò Cuffaro e funzionari infedeli dei reparti speciali. Da tutti loro ha imparato come si può combattere lo strapotere di chi spia e ci fa spiare.
Per cominciare, racconta: «Oggi non è che si facciano molte più intercettazioni di un tempo, quelli che sono aumentati sono i telefoni. Anni fa c’era solo l’Etacs, il cellulare era uno solo. Ora per trovare un numero che interessa se ne cercano tanti, senza considerare il roaming degli Umts, con le schede che si possono spostare di telefono in telefono e tanti gestori diversi dove si possono agganciare gli utenti, con servizi telefonici diversi – messaggi, immagini, fax, video – ecco perché le richieste di intercettazione si sono moltiplicate». E spaventoso, in Italia, è il numero dei dati conservati dai provider per almeno ventiquattro mesi in “archivio”: 200 milioni di conversazioni, 300 milioni di chiamate e di sms e di mms, 2 milioni e 400 mila gigabyte di email.
Come non finire già da domani mattina lì dentro? E come sfuggire, soprattutto, a coloro che ci vogliono ascoltare illegalmente?
«Si possono usare le cabine», dice Genchi. Ma mai la stessa cabina, sennò prima o poi la scoprono e mettono sotto controllo anche quella. Mai usare la stessa cabina e mai usare naturalmente la stessa scheda. L’esperto ricorda un episodio: «Un mafioso calabrese aveva tentato un’estorsione con una scheda telefonica, ma un giorno ha usato quella scheda per chiamare sua moglie e poi l’amante: dopo qualche mese è finito in galera». Il telefono della moglie era sotto controllo, la voce di chi faceva l’estorsione e di chi aveva chiamato la donna era la stessa. «Ma ci sono strumenti che possono cambiare anche la voce», spiega Genchi.
Si chiamano scambler telefonici, sono aggeggi in grado di alterare un segnale elettrico. La voce di un uomo adulto può diventare la voce di una bambina o quella di un vecchio. Certi modelli «proteggono» anche le comunicazioni via fax.
E poi ci sono le schede. I più precipitosi utilizzano quelle italiane. Di solito sono i prestanome che se le procurano. Poi a telefonare è qualcun altro. Ma basta un piccolo errore, una piccola dimenticanza è chi non vuole farsi scoprire è scoperto. È capitato nell’indagine sul presidente della Regione siciliana Totò Cuffaro. Il governatore aveva utilizzato una scheda intestata a un amico (che poi si sarebbe pentito) in 31 cellulari diversi.
Se non fosse stato per un’imprudenza (dell’amico), probabilmente non avrebbero mai ricostruito quel “giro” di 1 milione e 651 mila e 584 contatti telefonici che alla fine hanno dimostrato certi pericolosi legami del presidente. Le schede più sicure sono quelle straniere. Uno parla a Roma ma è come se parlasse dal Cile o dall’Australia, l’intercettazione è impossibile, risalire al “traffico” del suo cellulare un’utopia.
Altri sistemi? «I telefonici citofonici», spiega ancora Gioacchino Genchi. Se ne comprano una coppia e poi si conversa tranquillamente senza paure. Ma ci vuole prudenza prima. Acquistarli in contanti e senza carta di credito, non dare il proprio nome al venditore, magari controllare se c’è anche una telecamera: in seguito potrebbero identificarvi. Chi vi spia, vi spia passo dopo passo. E ci vuole prudenza anche dopo. Se i telefoni citofonici si rompono, non fateli riparare. Buttateli e comprateli nuovi. Qualcuno invece di aggiustarli ve li potrebbe taroccare. E controllarvi lui.
Se non vi fidate di scrambler o di schede telefoniche straniere, consegnate pure la vostra sicurezza ad alcuni programmi che sono veramente a prova di intercettazione.
«Uno si chiama Msn e l’altro Skype, ma ce ne sono tanti altri. Si scaricano gratuitamente dalla Rete, permettono di sviluppare conversazioni e perfino videoconferenze con più persone senza che qualcuno possa ascoltare», racconta ancora Genchi. E aggiunge: «Nella loro ultima versione, come la 2,5 Beta di Skype, è perfino possibile attribuirsi un numero di telefono straniero e comunicare con cordless bivalenti a computer spento o con comuni Gsm». È un sistema usato in prevalenza da pedopornografi e trafficanti d’armi. Ma non si possono proprio individuare e ascoltare? «È possibile rintracciare l’indirizzo virtuale delle persone, l’Ip del computer. Ma nei cosiddetti Hot Spot che sono ormai ovunque, dagli aeroporti alle stazioni, dalle discoteche ai giardini pubblici, quelli si possono connettere con il sistema Wi-Fi senza fili e avere ogni volta un indirizzo diverso e un account». Se però volete proprio stare al riparo da tutti le orecchie indiscrete del mondo, allora comprate un satellitare. O un Iridium o un Thuraya. Fare una telefonatina a casa vi costerà un patrimonio ma – forse – nessuno saprà mai neanche quale tipo di pasta vostra moglie ha appena calato nella pentola.
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