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Coronavirus e privacy, Gioacchino Genchi (esperto informatico): “Non c’è bisogno di nessuna nuova legge per acquisire i dati telefonici, ci sono già. Se Facebook, Google ci possono censire e lo Stato, per tutelare la salute pubblica dei cittadini, non può farlo perché deve dare conto al Garante? Non esiste. Il governo dovrebbe creare una task force di esperti che siano in condizione di aggregare questi dati. Non ha senso oggi parlare di privacy in un momento in cui rischiamo di morire tutti e di distruggere l’economia del mondo. In Italia il problema privacy viene affrontato male, solo quando riguarda appartenenti alla casta”.
L’avvocato Gioacchino Genchi, esperto di informatica e telefonia, ex funzionario di polizia, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta”, condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano.
Sul problema privacy in relazione al contenimento dei contagi per Coronavirus. “Il problema secondo me viene affrontato male perché, piuttosto che considerare gli aspetti essenziali del problema della tutela della privacy, gli organi preposti, che sono dei carrozzoni politici per dare da mangiare a dei trombati, non hanno mai considerato gli aspetti essenziali di alcune problematiche che attengono alla privacy, li considerano semplicemente dei problemi di natura filosofica.
Un problema che riguarda solo personalità importanti, perché quando si tratta di massacrare i cittadini la privacy non si considera. Ad esempio, nelle ricette mediche viene inserito un codice che a seconda della patologie consente un’esenzione, l’ammalato va dal farmacista e con questa ricetta acquista i farmaci, ma il farmacista che vede la ricetta e vede il nome della persona automaticamente viene a sapere qual è la patologia della quale è affetta la persona che sta acquistando i farmaci. E questo è un dato sensibile perché riguarda la salute. Nessuno, compreso i garanti della privacy che prendono stipendi enormi, se ne preoccupa. Si iniziano a preoccupare della privacy quando si deve tutelare la sicurezza, l’ordine pubblico, quando si tratta di indagini giudiziarie. Se ne preoccupano quando i soggetti in questione appartengono a delle caste politiche. I dati principali che bisogna censire per studiare questo fenomeno è sapere quanti sono gli uomini e quante le donne colpite. Ma non sappiamo ad esempio quanti di quelli che hanno contratto il virus avessero fatto il vaccino per l’influenza”.
Sull’acquisizione dei dati telefonici. “Non c’è bisogno di nessuna nuova legge perché abbiamo in Italia una legge del 2007 che organizza e regola i servizi di sicurezza, che consente di acquisire presso le aziende telefoniche tutti i dati che sono utili per la tutela della sicurezza pubblica. Non occorre creare leggi, abbiamo già la legislazione più complessa e farraginosa di tutto il mondo. Se Facebook, Google ci possono censire e lo Stato, per tutelare la salute pubblica dei cittadini, non può farlo perché deve dare conto al Garante? Non esiste. Il governo dovrebbe creare una task force di esperti che siano in condizione di aggregare questi dati: dati sanitari, dati di spostamento, dati dei telepass, dei biglietti aerei.
I dati sono anonimi, che cosa ho da temere a far sapere che in questo momento sono qui col mio cellulare e risulto come un puntino su una cartina geografica? Quando questi strumenti sono controllati dallo Stato che motivo c’è di nascondere qualcosa? Non ha senso oggi parlare di privacy in un momento in cui rischiamo di morire tutti e di distruggere l’economia del mondo. Nel 92, dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, acquisimmo tutti i dati telefonici della Sicilia e del Lazio, ma non per controllare le persone perbene, ma per prendere i mafiosi. Non facciano ridere quei tromboni dell’ultima ora che parlano di privacy in un caso che riguarda la tutela della salute pubblica”.
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