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“All’indomani dell’omicidio Lima, Falcone rivolgendosi a Pietro Giammanco, all’epoca procuratore capo di Palermo, gli disse: ‘e adesso i tuoi amici che dicono di questo omicidio? Amici nel senso di amici politici’”.
Lo ha detto l’avvocato ed ex vice questore aggiunto, Gioacchino Genchi, deponendo al processo ‘Borsellino quater’ nell’aula bunker del carcere di Caltanissetta.
“Partecipai – ha detto Genchi – in prefettura alla riunione del comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico, in quanto con i miei tecnici mi occupavo delle registrazioni”.
Genchi venne anche coinvolto, dall’allora capo della procura di Caltanissetta, Salvatore Celesti, nell’esame dei supporti informatici del giudice Falcone, subito dopo la strage di Capaci.
“Alcuni file del computer di Falcone – ha riferito – custodito in una delle stanze della sezione Affari penali del ministero furono violati nonostante la stanza fosse sequestrata”.
“Sul portatile – ha proseguito Genchi – qualcuno installò un programma pc tools, utilizzato sia per recuperare che per cancellare definitivamente i file. Stessa cosa avvenne per l’agendina elettronica. Dopo la decodifica dell’agenda, venni messo da parte, il clima nei miei confronti cambio’. Mi assegnarono la scorta e mandai una lettera al questore di Palermo, rifiutandola”.
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