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Partinico, duplice delitto al panificio. Assolto in primo grado, ora l’ergastolo

Salvatore Bagliesi condannato al carcere a vita dopo la perizia sul suo cellulare: era in quei luoghi

Giornale di Sicilia - 10 dicembre 2008 - di Riccardo Arena

PARTINICO. In cinque ore di camera di consiglio lo avevano assolto, in due lo hanno condannato: ergastolo, ieri mattina, per Salvatore Bagliesi, imputato del duplice omicidio di Francesco Paolo Alduino e di Roberto Rossello, uccisi a Partinico il 10 aprile del 1999. Bagliesi, fra tutti coloro che, in più processi, erano stati giudicati per il «delitto del panificio» (avvenne infatti nella bottega di fornaio di Alduino), fino a ieri era l’unico ad essere stato assolto. La sentenza del 18 dicembre dell’anno scorso era apparsa però subito controversa: il pm Francesco Del Bene l’aveva impugnata, il procuratore generale Daniela Giglio ha sostenuto il ricorso e la prima sezione della Corte d’assise d’appello, presieduta da Innocenzo La Mantia, a latere Alfredo Montalto, ha riconosciuto fondate le tesi dell’accusa. Bagliesi, che era a piede libero, è andato via dal palazzo di giustizia assieme ai prossimi congiunti con cui era arrivato. In uno stato d’animo evidentemente diverso da quello con cui era entrato in aula, di buon mattino.

Determinante, per l’accertamento delle responsabilità, è stata una perizia informatica realizzata dal superesperto Gioacchino Genchi: poco considerata in primo grado, dalla terza sezione della Corte d’assise, rivalutata ieri in assise d’appello. È stata determinante perché ha fornito la conferma alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, ex fedelissimo di Vito e Giusy Vitale, Michele Seidita: attraverso l’analisi dei tabulati e dei «tracciamenti» dei cellulari è stata accertata la presenza, nei luoghi e più o meno all’ora del delitto, anche di Bagliesi.

L’agguato del 10 aprile 1999 fu un episodio della sanguinosa faida che aveva contrapposto «vitaliani», cioè il clan guidato dai fratelli Vitale-Fardazza, e «anti-vitaliani». Doveva morire solo Alduino, inquadrato nel secondo dei due schieramenti: venne colpito invece anche Rossello, testimone scomodo e vittima inconsapevole e innocente dei sicari. Era solo il garzone del forno di Alduino, anche se Roberto era pure fratello di Filippo Rossello, primo dei collaboratori che avevano parlato della faida di Partinico.

Bagliesi era stato accusato dal collaborante Seidita, che ne aveva parlato come di colui che aveva dato la «battuta», il segnale, il supporto fondamentale per il gruppo di sicari, e cioè Salvatore Franco Pezzino (condannato all’ergastolo con sentenza definitiva), cognato di Seidita (che ha avuto vent’anni). Pezzino, che già era stato condannato per un delitto del 1984, commise il delitto mentre si trovava in permesso dal carcere.

Il riscontro alle dichiarazioni del collaborante era stato individuato nella perizia di Genchi, l’esperto che in tempi recenti si è occupato fra l’altro dell’indagine Why not della Procura di Catanzaro. Il telefonino di Bagliesi, intorno alle 5,40 del10 aprile1999(il delitto fu commesso intorno alle 6,30) era vicino all’abitazione della vittima designata, e cioè di Francesco Paolo Alduino. In nessun’altra occasione, né prima, né dopo, quel cellulare fu inquadrato in quella zona a quell’ora.

L’omicidio fu la vendetta del clan Vitale, aveva spiegato Seidita, al quale Alduino aveva osato ribellarsi, cercando di uccidere a uno a uno i suoi luogotenenti.

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