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“Un preciso programma dissimulatorio” messo in atto da Luciana Cristallo e il suo amante Fabrizio Rubini, principali imputati per l’omicidio e l’occultamento del cadavere dell’ex marito di lei, Domenico Bruno, rinvenuto sulla spiaggia di Ostia un mese dopo l’esecuzione del delitto compiuto quasi certamente nella notte tra il 27 e il 28 gennaio 2004.
Questo emerge dalla relazione della perizia del consulente Gioacchino Genchi sui dati di traffico telefonico acquisiti dalla Procura della Repubblica di Roma e depositata nel corso dell’udienza preliminare di lunedì scorso.
Una “dissimulazione” che sarebbe stata orchestrata dagli “amanti diabolici” grazie ad una serie di accorgimenti tesi a far perdere le loro tracce, come due cellulari, all’uopo intestati a terze persone un mese prima del delitto, e una rete fissa in uso al Rubini progressivamente dismessa, nelle fasi precedenti la scomparsa e il “proposito omicidiario” dell’architetto di Catanzaro che a Roma aveva messo su famiglia. Matrimonio naufragato con la separazione già due anni prima della sua morte.
Ma accanto al loro coinvolgimento nell’omicidio vengono in luce altri personaggi, e altri elementi preziosi, che contribuiscono ad arricchire un giallo dove il movente passionale lascerebbe il passo a quello di natura più manifestamente economica.
Una sorte di “poligono” di legami, intrecci, fra i principali imputati, soprattutto fra l’amante di Luciana Cristallo, Fabrizio Rubini, e la sua ex moglie, il suo nuovo compagno e un suo amico d’infanzia. Un rettangolo di continui contatti soprattutto il giorno della scomparsa di Domenico Bruno, il 27 gennaio 2004, il cui cadavere successivamente sarebbe stato ammareggiato con due pesi da sub legati alla cintura e occultato, E probabilmente buttato nelle acque del fiume Tevere. Rinvenuto, poi, sulla spiaggia di Ostia un mese dopo, il 27 febbraio, sulla battigia di uno dei lidi più rinomati della costa laziale, Faber Beach.
“Proprio i frammenti dei messaggi (sms), – osserva la perizia – le rilevate localizzazioni dei cellulari utilizzati dagli indagati, la vicinanza ai punti di interesse di abitazioni e pertinenze di soggetti con loro in rapporti (si veda quella del fratello e dei familiari della Cristallo, l’abitazione della Pochetti, l’abitazione del Testaguzza, ecc.), lasciano ipotizzare un variegato contesto di potenziali complici e/o di semplici favoreggiatori, la cui esistenza appare ancora più verosimile dalle incongruenze e dalle contraddizioni degli indagati, in buona parte evidenziate grazie alle indagini telefoniche”. Al momento solo indizi, immortalati dai tabulati degli innumerevoli contatti telefonici, soprattutto nel giorno della presunta premeditazione dell’omicidio. E accompagnati da una serie di chiamate, sempre quel fatidico 27 gennaio, a notai, avvocati e commercialisti. Probabilmente una ricerca forsennata di informazioni che darebbe ancora più respiro a un movente strettamente finanziario, legato a “cointeressenze occulte della Cristallo e/o di terzi nelle attività del marito”, cerca di chiarire la perizia Genchi. Per il quale “la liquidazione della polizza sulla vita, i prelievi bancari e altro ancora, emerse anche nel corso delle intercettazioni, invero appaiono ben poca roba per organizzare un omicidio nel modo come stato organizzato ed eseguito, con i verosimili coinvolgimenti che ha determinato”, incalza ancora il superconsulente.
Una piovra di interessi economici in cui potrebbero venire coinvolte anche altre persone e che sgombererebbero il campo da quelle ascendenze passionali già riconciliate fra le parti tanto che dopo due anni di separazione accetta l’invito a cena dell’ex moglie quel 27 gennaio 2007. Una cena fatta di carne alla pizzaiola, offertagli dalla Cristallo, che non riuscirà mai a digerire completamente, come si evincerà dagli esami tossicologici, disposti dopo il ritrovamento del suo cadavere sulla spiaggia di Ostia.
Una relazione, questa di Genchi, ora nelle mani degli avvocati chiamati a difendere i loro assistiti. Giovanni Sabatelli, per i principali imputati, e Nunzio Raimondi, Aldo Costa e Maurizio Arabia per la madre della vittima, Santa Marinaro, che si è rivolta anche al Capo dello Stato per far “emergere tutta la verità” sulla morte del figlio.
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