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FAVARA. Calogero Arnone non ci stà. Davanti al Gip del Tribunale di Agrigento Alfonso Malato e difeso dagli avvocati Domenico Russello e Giovanni Castronovo, il 42enne titolare di un supermercato Favara ha deciso di parlare, raccontare la propria verità, prendendo nettamente le distanze dalla pesante accusa di essere complice e addirittura esecutore dell’omicidio di Francesco Gambacorta.
I carabinieri giovedì mattina gli andarono a notificare a casa un provvedimento di fermo su richiesta del sostituto procuratore Luca Sciarretta, perché ritenuto presunto protagonista della «tresca» amorosa finita nel sangue con l’altra favarese Giuseppa Attardo e Gambacorta appunto, imprenditore di Camastra. La Attardo venne arrestata ai primi di febbraio, alcuni giorni dopo il delitto consumato in contrada San Benedetto il 26 gennaio. Davanti ai militari e al magistrato la donna crollò, si auto accusò del delitto e raccontò di avere ucciso Gambacorta perché da amante si era trasformato in padrone dal quale liberarsi.
E se ne liberò uccidendolo o contribuendo a ucciderlo. Un passaggio questo che è andato maturando nel indagini che gli inquirenti non hanno mai ritenuto concluse.
Quando poi nell’inchiesta saltò fuori il nome di Arnone, la tresca venne chiarita. Giuseppa Attardo, – che prima disse di essere solo amica di Arnone – alcuni giorni fa ha ritrattato tutto, evidenziando non solo lo stretto legame instaurato col titolare del supermercato, ma anche che ad ammazzare il suo ex amante era stato proprio lui, Arnone, accidentalmente e dopo una colluttazione. Accuse pesanti che anche alla luce della lettura dei tabulati telefonici fatta dal consulente Genchi scelto dalla Procura della Repubblica hanno indotto l’autorità giudiziaria a emettere il provvedimento di fermo. Un provvedimento a carico di un uomo sposato che da un giorno all’altro si è ritrovato in una cella del carcere Petrusa. Ieri mattina Arnone si è presentato dinanzi al Gip per l’udienza di convalida. Il giudice si è riservato qualche ora o giorno per decidere se convalidare il fermo e tramutarlo in provvedimento di custodia cautelare in carcere.
Le norme lo consentono e quindi per l’indagato si profila un’attesa breve ma snervante. Ieri non ha esitato a dichiararsi estraneo a quanto accaduto quel 26 gennaio. I suoi legali hanno preferito non evidenziare altri elementi emersi durante l’udienza per «rispetto nei confronti del lavoro svolto dal Gip». Di certo c’è che gli avvocati Castronovo e Russello chiederanno l’annullamento di ogni provvedimento restrittivo a carico del loro assistito.
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