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Non da ultimo, si può serenamente affermare come il MONTANTE di certo avesse un diretto interesse ad acquisire notizie di natura riservata nei confronti del giornalista Attilio BOLZONI, per ragioni che pare ultroneo stare qui a rammentare.
Ciò che pare davvero lapalissiano affermare può, in ogni caso, dirsi concretamente confermato da una congerie di elementi acquisiti al procedimento, in primis, ancora una volta, quelli ricavabili dalla documentazione rinvenuta nella stanza “segreta” dell’abitazione di contrada Altarello di Serradifalco, ove, tra le altre cose, veniva recuperato un raccoglitore di colore celeste con scritto a mano sul dorso e sul fronte “BOLZONI + REPUBBLICA”.
Tra i documenti che ivi erano custoditi, meritano di essere segnalati:
una mail inviata dal BOLZONI al MONTANTE (per il tramite di Patrizia LONGHINI, assistente di direzione della MARCEGAGLIA) con la quale, nella sostanza, il giornalista sondava la disponibilità dell’imprenditore di Serradifalco a finanziare un film che aveva in progetto di realizzare; […].
Il BOLZONI è poi tra i destinatari di una intera cartella (denominata appunto “BOLZONI”) contenuta all’interno del file excel, riepilogativa di quasi tutte le annotazioni (di seguito evidenziate) già riportate nella cartella denominata “TUTTI” […]. La lettura congiunta degli appunti in questione e della documentazione rinvenuta nella disponibilità del MONTANTE consente di ipotizzare, tra le altre cose, come il MONTANTE intendesse imputare gli articoli che il giornalista aveva pubblicato nei suoi confronti a partire dal mese di febbraio del 2015 – esattamente come già rilevato per il CASAGNI – a pretesi sentimenti di rancore per non aver assecondato richieste di
concessioni di finanziamenti per lavori che lo stesso BOLZONI aveva realizzato.
Oltre a quelle appena riportate, nella cartella denominata “TUTTI” è dato rintracciare anche le seguenti annotazioni. […] Oltre a dimostrare che, alla fine, il MONTANTE (anche in tal caso esattamente come ha agito nei confronti del CASAGNI) aveva querelato il BOLZONI, da tali appunti si ricava, ancora una volta, la ricerca spasmodica di notizie da parte dell’odierno indagato sul conto del BOLZONI medesimo, come dimostrato dalle eloquenti annotazioni del 9.10.2015 (“Bolzoni telefona a Di Simone”) e del 29.19.2015 (“mi ha telefonato Michele Giarratana dal numero di cell. 338/+++++++, l’ho richiamato alle ore 20,01 dall’Hotel The Gray e mi ha riferito che qualche giorno prima Bolzoni girava a Serradifalco per cercare persone”).
Si è già accennato e meglio si dirà, poi, nel prosieguo come il MONTANTE avesse anche dato mandato ai soggetti allo stesso strettamente legati di registrare eventuali conversazioni telefoniche che avessero intrattenuto con lo stesso.
Anche a proposito di BOLZONI valgono le stesse considerazioni, già espresse in relazione a CASAGNI, circa l’irrilevanza di ogni argomentazione tesa ad accreditare una presunta azione vendicativa del giornalista verso l’imprenditore di Serradifalco, reo di non avere finanziato delle attività culturali cui egli era interessato.
Infatti, non può non rilevarsi come il contenuto degli articoli giornalistici di BOLZONI si siano rivelati (drammaticamente) veri e, in ogni caso, qualunque fosse stato il movente sottostante alla duplice pubblicazione, nulla poteva giustificare una reazione illecita da parte di MONTANTE.
Le sorti di CASAGNI e BOLZONI, peraltro, erano destinati ad incontrarsi.
Il crocevia, in particolare, era costituito da due esposti anonimi, che additavano BOLZONI e CASAGNI, ma anche Umberto CORTESE, Tullio GIARRATANO, Ivan RANDO e Michele TORNATORE, come esponenti di un gruppo mafioso, capeggiato dall’Ing. DI VINCENZO e dall’Avv. Gioacchino GENCHI, e riconducibile, sostanzialmente, alla potente famiglia mafiosa nissena dei MADONIA.
Vicini a BOLZONI dovevano, inoltre, considerarsi CICERO e VENTURI.
Obiettivo del presunto sodalizio sarebbe stato quello di fermare la stagione del rinnovamento intrapresa dagli industriali sulla via della legalità.
Per i dettagli circostanziali della vicenda, può essere utile riportare un passo
dell’ordinanza cautelare (da p. 663):
Non da ultimo, va debitamente segnalata altra “singolare” coincidenza rilevabile in merito all’accesso abusivo in banca dati S.D.I. eseguito sul conto del BOLZONI e che, peraltro, ulteriormente accomuna lo stesso BOLZONI al CASAGNI.
Come diffusamente si argomenterà nel prosieguo, in data 18 marzo 2015 era giunto nella sede di Caltanissetta di Confindustria Centro Sicilia un esposto anonimo, contenuto in una busta con timbro postale del 17.03.2015, con il quale si indicava il CASAGNI come “uomo vicino alla mafia nissena e in particolare a Di Vincenzo Piero, Tullio Giarratano, Umberto Cortese, Ivan Rando e Michele Tornatore, tutti associati e vicini alla famiglia Madonia unico filo conduttore e altri”.
Ebbene, tra i documenti sequestrati al MONTANTE è stato rinvenuto altro esposto anonimo indirizzato “ai Dirigenti di Confindustria Sicilia”, recapitato in busta con timbro postale del 5 novembre 2015, secondo il quale:
il BOLZONI farebbe parte di un gruppo di persone che avrebbe come “strategia e mandato preciso di portarvi all’isolamento…e fermare l ‘opera di legalità che avere intrapreso”; pertanto lo stesso Bolzoni “non va in giro come giornalista ma come affiliato alla mafia”;
di tale gruppo sarebbero registi “Genchi” e “Di Vincenzo” e ne farebbero parte anche “Cicero” e “Venturi”.
[…] Ebbene, proprio la mattina del 5 novembre 2015 il GRACEFFA interrogava in banca dati S.D.I. il nominativo del BOLZONI.
Volendo poi risalire alla possibile identità dell’autore degli esposti, MONTANTE è certamente il soggetto che, per i fatti ampiamente rappresentati nella presente motivazione, coltivava forti sentimenti di livore nei confronti di tutti i soggetti menzionati dall’anonimo estensore.
Per MONTANTE la tassonomia dell’intero genere umano si poteva riassumere in due prototipi antropologici: quello dello stesso MONTANTE o dei cosiddetti “paladini della legalità”, e quello di DI VINCENZO o dei cosiddetti “mafiosi”. Sicché ogni membro della collettività, spogliato di un’autonoma dignità antropologica, era destinato, inesorabilmente, ad essere sussunto nell’una o nell’altra categoria di “cosiddetti”.
Tale visione notevolmente scarnificata del genere umano si riflette nell’assimilazione a DI VINCENZO di tutta una serie di soggetti, in vario modo ruotanti intorno all’esperienza confindustriale nissena, che erano caduti in disgrazia agli occhi di MONTANTE e che, pertanto, venivano indicati dall’autore degli esposti (non tanto) anonimi come facenti parte del sodalizio mafioso asseritamente capeggiato, con furore, dall’ingegnere.
E tra i c.d. “mafiosi” era finito persino l’Avv. GENCHI, che aveva assunto la difesa dell’Ing. DI VINCENZO nei giudizi che lo avevano interessato. Nonché CASAGNI e BOLZONI, rei di lesa maestà nei riguardi di MONTANTE con le loro inchieste giornalistiche. Ed infine – melius abundare quam deficere – CICERO e VENTURI, i principali accusatori di MONTANTE.
La lettura critica del contenuto degli esposti non intende, ovviamente, accreditare una lettura negazionista dei trascorsi delittuosi di Pietro DI VINCENZO, condannato per estorsione verso i suoi dipendenti, ma non può giustificare neppure l’elezione dello stesso, mediante la presentazione di un esposto anonimo, a vertice di un gruppo mafioso, del quale farebbero parte, sincreticamente, giornalisti, avvocati ed imprenditori.
Vi è, peraltro, un elemento oggettivo che depone per la identificazione nell’odierno imputato dell’autore degli esposti de quibus.
Infatti, quattro giorni prima de|l’invio dell’esposto anonimo su CASAGNI a Confindustria Centro Sicilia, veniva captata una conversazione (conversazione n. 32 delle ore 11.30 del 13 marzo 2015), intercorsa tra MONTANTE e il suo fedelissimo Vincenzo MISTRETTA, nella quale il primo, evidentemente stizzito per la pubblicazione di articoli di stampa che lo avevano riguardato, se da un lato ipotizzata il ricorso ad azioni giudiziarie, dall’altro evidenziava anche che vi fossero sul conto del giornalista CASAGNI “elementi pazzeschi si pensa che sia un avvicinato a…a cosa nostra”:[…].
Pertanto:
a) se le persone che sono state oggetto di interrogazione dello S.D.I. sono accomunate dall’essere considerate eretiche rispetto ai dogmi c.d. “antimafiosi” di MONTANTE;
b) se esse sono altresì additate, negli esposti anonimi, quali appartenenti ad organizzazioni mafiose;
c) se tali esposti anonimi puntualmente finivano nelle sedi di Confindustria e poi, conseguentemente, nelle mani di MONTANTE (e addirittura un esposto veniva sequestrato proprio a quest’ultimo), arbitro di farne l’utilizzo ritenuto più congeniale;
d) se qualche giorno prima dell’arrivo dell’esposto anonimo che accusava CASAGNI di essere mafioso, MONTANTE “confidava” a V. MISTRETTA che vi erano elementi “pazzeschi” su “questo…mmhh buttana a miseria…questo Casagni,” circa la sua qualità di avvicinato a Cosa Nostra;
allora non è seriamente dubitabile che non solo le interrogazioni dello S.D.I., ma anche gli esposti, formalmente anonimi, provenissero da MONTANTE.
Ma vi è di più. Anche provando ad amputare la catena lungo la quale si snodavano gli accessi abusivi allo S.D.I., elidendo – in seno ad un giudizio controffattuale – la posizione di MONTANTE, il primo anello della catena sarebbe costituito da DI SIMONE, rispetto al quale non emerge alcun elemento di conflittualità con le persone vittime dell’accesso abusivo, e in ogni caso, l’unica centrale di raccolta di dati personali afferenti a terze persone era allocata nell’abitazione di MONTANTE, non già di DI SIMONE.
Pretermettendo anche tale considerazione, se MONTANTE non fosse stato l’artefice degli esposti anonimi, occorrerebbe spiegare come mai, nella sua abitazione, venivano rinvenuti, come vedremo, diversi appunti manoscritti dal tenore analogo a quello degli esposti anonimi, in cui si affermava, ancora una volta, il connubio DI VINCENZO-MADONIA, che avrebbe “utilizzato” una catena di persone, che partiva da “GENCHI”, passava per “MARINO”, poi per “COLONNA” e che, finiva, dulcis in fundo, in “VENTURA/CICERO”, ma anche che Pasquale TORNATORE “ricicla soldi per i colletti bianchi e per DI VINCENZO”, che fa “operazioni inesistenti”, che ha attaccato il Ministro degli Interni Anna Maria CANCELLIERI e che era in “stretto contatto”, tra gli altri, con Tullio GIARRATANO e Umberto CORTESE, nonché, da ultimo, che “tutti riferiscono a DI VINCENZO”.
Per un migliore apprezzamento delle circostanze testé rappresentate, si richiama il contenuto dell’ordinanza cautelare (da p. 667), che riporta i dettagli, anche grafici, degli appunti di cui si è detto, rinvenuti della disponibilità di MONTANTE:
Si consideri, altresì, il contenuto di alcuni appunti rinvenuti sempre tra la documentazione del MONTANTE redatti di pugno dall’imprenditore di Serradifalco ed in specie:
quello vergato su di un post-it applicato ad un articolo del 22.10.2015 (a firma del giornalista Francesco La Licata e dal titolo “Se il denaro inquina l’anticrimine”)[…].
quello contenuto all’interno di una cartellina intestata “TORNATORE” (ove era custodita documentazione riguardante, appunto, il già citato Pasquale TORNATORE su cui si tornerà diffusamente nel prosieguo) […].
Com’è evidente, la figura di DI VINCENZO era diventata una vera e propria ossessione per MONTANTE, che, improvvisamente, lo aveva eletto a nemico da combattere e lo aveva incoronato “mafioso” (a prescindere dalla meritevolezza del titolo), autoincoronandosi, a sua volta, come “antimafioso”.
Una ossessione che portava l’imprenditore di Serradifalco ad estendere il raggio della sua actio destruens verso tutti coloro che, all’interno di Confindustria, non si erano allineati alle sue posizioni, come Salvatore MISTRETTA e Salvatore LO CASCIO, che da un lato, come già visto, erano entrati nel calderone dei nominativi da scandagliare illecitamente allo S.D.I., dall’altro – ciò che verrà
approfondito infra – erano divenuti bersaglio anche di attività ispettive mirate da parte della Guardia di Finanza, trasformato in autentico braccio armato di MONTANTE.
Anche l’interrogazione allo S.D.I. del nominativo di Pasquale Carlo TORNATORE è agevolmente riconducibile a MONTANTE.
Essa, infatti, avveniva nello stesso giorno (17 settembre 2013) in cui il Prefetto VALENTE, che aveva condiviso con MONTANTE diverse occasioni di commensalità (cfr. le annotazioni contenute nel file excel), denunciava di avere ricevuto una lettera anonima, dal contenuto minatorio, orientando i propri sospetti proprio su TORNATORE, protagonista di un commento critico verso un’intervista rilasciata al quotidiano La Sicilia dallo stesso prefetto (nella denuncia del 19 settembre 2013, il Pref. VALENTE parlava di “una reazione particolarmente veemente da parte di tale Tornatore Pasquale, imprenditore locale, il quale sul giornale on-line “Il fatto nisseno” replicava aspramente, affermando di essere rimasto sorpreso ed amareggiato per le mie affermazioni”).
L’intervista del prefetto, peraltro, non aveva certamente lasciato indifferente MONTANTE, il quale, nel file excel, aveva prontamente annotato, in corrispondenza della data dell’11 agosto 2013, l’appunto “intervista Pref. Valente su la Sicilia a favore di Montante e Crocetta”.
Anche in ordine alle interrogazioni abusive allo S.D.I. relative a Salvatore PETROTTO e Davide DURANTE non può farsi a meno di evidenziare come, nell’abitazione di MONTANTE, sia stato rinvenuto materiale documentale relativo agli stessi (carpetta contenente la stampa di diversi commenti pubblicati dallo stesso PETROTTO sul social network Facebook, nonché, per quanto riguarda DURANTE, una nota riservata personale indirizzata il 21 marzo 2014 ai componenti del consiglio di amministrazione del CONFIDI TRAPANI, presieduto dal predetto DURANTE, relativa a presunti ammanchi di fondi dal consorzio; cfr. verbale di sequestro del 22 gennaio 2016), che segnala la sussistenza, in capo all’imprenditore di Serradifalco, di uno specifico interesse a seguirne le vicende e a raccogliere dati che li riguardassero.
Anche Alfonso CICERO fu bersaglio di interrogazione allo S.D.I., persino in un momento nel quale i suoi rapporti con MONTANTE fluivano secondo coordinate di apparente normalità e collaborazione (6 dicembre 2009).
Il senso di tutto ciò si coglie, però, se letto alla luce della vicenda successiva del tentativo di violenza privata, posto in essere da MONTANTE in danno di CICERO, per costringerlo a confezionare una missiva retrodatata atta a testimoniare una inveritiera ispirazione montantiana delle denunce fatte da quest’ultimo contro il boss DI FRANCESCO in seno alla commissione parlamentare antimafia.
MONTANTE, evidentemente, persino tempore pacis aveva l’abitudine di curare l’arsenale delle armi da utilizzare tempore belli contro i nemici, attuali o potenziali, presenti o futuri ed eventuali.
Tanto vero che lo stesso, quando si trovò a “convincere” CICERO che era il caso di assecondare la sua richiesta di confezionamento della lettera retrodatata, ebbe ad esibirgli una lunga serie di messaggi che il predetto CICERO gli aveva mandato e che lui aveva sistematicamente e pazientemente raccolto e conservato.
§ 5. Conclusioni
Tracciando un primo bilancio delle interrogazioni allo S.D.I., può dirsi dimostrato come MONTANTE avesse intrapreso la via della purgazione degli eretici mediante attività di dossieraggio, accompagnata, come vedremo infra, dalla induzione di pubblici ufficiali all’assunzione di una serie di iniziative penali o amministrative volte a punire atti di infedeltà alla sua entità personale.
Il tutto puntualmente preceduto o accompagnato da esposti anonimi, regolarmente recapitati ad un ambiente, quale quello confindustriale, controllato dallo medesimo MONTANTE che, pertanto, ricevuto l’esposto, poteva utilizzarlo secondo le proprie strategie epurative.
Per comprendere le dimensioni criminali dall’attività complessivamente svolta dal potente industriale, è sufficiente fare mente locale alla costanza con la quale lo stesso si dedicava alla documentazione dei suoi rapporti con i terzi, ciò che, alla luce di una visione globale dei fatti, non poteva che essere correlata ad una finalità “prossimale” di precostituzione della prova di tali relazioni e ad una ulteriore finalità “distale” di utilizzazione di essa in chiave ricattatoria.
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