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Scommesse clandestine nei centri Internet

Chiusi 13 locali in città e in provincia. Non si esclude la regia di Cosa nostra - Un giro da 25 mila euro la settimana. On line i clienti giocavano su tutto, dal totonero al lotto, collegati a un sito inglese

Repubblica - 13 aprile 2002 - di Enrico Bellavia

La ditta era un fantasma colorato che compariva sul computer digitando un nome inglese. Era registrata in Romania ma parlava italiano. Prometteva quote e vincite. Assicurava introiti per migliaia di euro a settimana. Pagava puntualmente i giocatori ma era impalpabile come tutto il business che ci stava intorno. L’aveva inventata un palermitano, la gestiva una coppia di bagheresi che pensava in grande. Studiava la possibilità di espandersi e, alle prime avvisaglie di possibili grane giudiziarie, meditava di riparare all’Est con il beneplacito del nostro Istituto per il commercio estero. C’è un lavoro di mesi, tra intercettazioni e complicate indagini sulle memorie dei server, dietro l’operazione che ha portato gli investigatori del commissariato di polizia di Bagheria a smantellare una organizzazione che gestiva un giro di scommesse sul web con 13 punti di raccolta dietro il paravento di normali Internet point tra Palermo, Bagheria, Casteldaccia, Santa Flavia e Adrano, in provincia di Catania. Il giro d’affari è stimato intorno ai 250 mila euro in pochi mesi, con una media di 25 mila a settimana. Diciotto gli arresti, 4 in carcere, gli altri ai domiciliari chiesti al gip Antonio Caputo dai pm Calogero Ferrara e Maria Teresa Maligno per associazione per delinquere finalizzata alla gestione di scommesse clandestine. A capo dell’organizzazione c’era Giuseppe Burrafato. Insieme con la moglie, Giuseppina Cusimano e con l’aiuto del padre Salvatore, coordinava il lavoro di una schiera di raccoglitori di scommesse, gestori di fatto degli sportelli aperti in città e in provincia. Era lì che andavano i giocatori, pagavano in contanti e ricevevano una ricevuta della giocata. Dietro le quinte avveniva il caricamento dei dati sul server, lo sviluppo del sistema di gioco, l’aggiudicazione dei premi. La porta di accesso al cuore del giro di scommesse era l’indirizzo web www.heavenbet.com. A inventare il sito, il cui dominio era registrato in Romania e a gestirne il funzionamento era un tecnico, il palermitano Antonio Corbo. Sopra Burrafato c’era invece Cristoforo Cannella, palermitano che si teneva puntualmente aggiornamento sull’andamento degli affari e sugli introiti realizzati dall’organizzazione. Tenendo sotto controllo i telefoni di Burrafato e Cannella, passo dopo passo, gli uomini del dirigente del commissariato di Bagheria, Giovanni Pampillonia, hanno scoperto la trama degli affari. Il resto lo ha accertato una consulenza informatica affidata all’esperto Gioacchino Genchi. Dagli Internet point i resoconti settimanali sulle giocate arrivavano per fax a casa di Burrafato, in via Catalano. Lì c’erano i server che mandavano avanti il sito. Direttamente o accedendovi da un’altra postazione, Corbo era in grado di intervenire, aggiornare o modificare il sistema.