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Il pm: non sono il Grande fratello. I tabulati? Soltanto alcune decine

Corriere della Sera - 5 ottobre 2007 - di Carlo Vulpio e Dino Martirano

CATANZARO — «E dunque il pericolo per la democrazia sarei io? Rispondo con Totò: ma mi facciano il piacere!». Il sostituto procuratore Luigi de Magistris reagisce così, con una battuta, alla notizia pubblicata ieri da alcuni quotidiani che lo vorrebbero «schedatore telefonico » di mezza Italia, preferibilmente quella di livello istituzionale alto. E dopo averne chiesto il trasferimento urgente, poiché le sorprese non finiscono mai, ecco affiorare l’ipotesi di uno slittamento della data in cui il Csm deciderà sul caso. «Spero proprio che non si vada oltre l’8 di ottobre — dice de Magistris —. Le indagini sono in un momento così delicato che non possono essere interrotte».

IL CONSULENTE — Ma torniamo ai tabulati telefonici che sarebbero stati chiesti dal pm attraverso il suo consulente, Gioacchino Genchi. Sia per Genchi, che è il professionista informatico che individuò i cellulari dai quali partirono i segnali per le stragi di Capaci (Giovanni Falcone) e via D’Amelio (Paolo Borsellino), sia per de Magistris, saremmo di fronte a «una grandiosa bufala studiata a tavolino ». Solo che per Genchi queste parole si possono virgolettare, per de Magistris no, poiché, come lo stesso pm ripete al telefono a coloro che lo chiamano, «qualsiasi cosa io dica, ormai, trova sempre qualcuno che è pronto a rivoltarmela contro».

I COLLABORATORI — Vediamo allora di ricostruire, attraverso i più stretti collaboratori del pm, questa storia dei tabulati. Intanto, il numero: non sarebbero migliaia, ma alcune decine. Poi, il senso dell’acquisizione di questi tabulati: se si indaga per reati come quelli previsti dalla «legge Anselmi» (associazioni segrete) e per associazione per delinquere può anche capitare di fare accertamenti su uomini delle istituzioni. Ma questo non vuol dire che scatti una sorta di effetto- domino in base al quale parlando Tizio con Caio, e questi con Sempronio, e questi ancora con Evaristo, i neuroni del pubblico ministero di Catanzaro abbiano preso il volo e messo sotto inchiesta mezza Italia. «Non sono impazzito — assicura de Magistris —. C’è una campagna di delegittimazione per screditarmi, trasferirmi e impedirmi di proseguire nel mio lavoro. Non sono il Grande fratello e ho sempre lavorato con correttezza». Nel «lavoro» di de Magistris, com’è noto, sono finiti dentro in tanti. Anche il presidente del Consiglio, Romano Prodi. Anche il ministro della Giustizia, Clemente Mastella. E via elencando, di telefonata in telefonata. Ma sempre e soltanto, sostengono i collaboratori più stretti del pm, nel rispetto delle procedure di legge e delle prerogative dei singoli soggetti. E fanno un esempio: se una persona sospettata di un omicidio parla al telefono con un altro soggetto, è ovvio che si chieda il tabulato di quelle conversazioni. Ciò che in questi casi il pm chiede di sapere è il numero telefonico dell’interlocutore del sospetto omicida. E se poi per assurdo si scopre che l’interlocutore dell’omicida si chiama papa Ratzinger, perché quel telefonino è in uso al Pontefice, pur osservando tutte le garanzie previste dalla legge, non è che si fermano le indagini. E questo anche a tutela e a garanzia di chi parla con il presunto omicida.

I NOMI — In ogni caso, la sfilza di nomi contenuti nella notizia diffusa ieri sarebbe pura invenzione, a cominciare, dicono qui, da Amato, Spataro, Mancino, Gennaro, De Gennaro, De Sena, i consiglieri del Csm e chissà quali altri, «tirati in mezzo solo per creare allarme e indicare in de Magistris il pericolo pubblico numero uno».

 

Telefoni controllati. Nuova polemica su de Magistris

ROMA — C’è aria di rinvio per la sezione disciplinare del Csm che lunedì dovrebbe decidere le sorti del pm di Catanzaro Luigi de Magistris e del procuratore Mariano Lombardi: trasferirli, come chiede Mastella, o lasciarli al loro posto in attesa che si svolga il processo disciplinare? La decisione probabilmente slitterà ed è lo stesso vicepresidente del Csm Nicola Mancino (che guida la «disciplinare») a non escluderlo: «Ci sono ancora atti che stanno pervenendo ai nostri uffici. Bisogna vedere che tipo di garanzie dare all’accusa e alla difesa». Ieri, infatti, il ministro ha acquisito i fascicoli già in possesso della I commissione del Csm su Lombardi e de Magistris che ora verranno trasmessi alla «disciplinare». Lombardi e de Magistris dovrebbero comparire lunedì nell’aula «Bachelet» per difendersi. Tutto questo rischia di slittare perché nelle ultime ore si è aggiunta molta carne al fuoco. Non bastava che de Magistris fosse il pm che indaga anche su Prodi (abuso d’ufficio) e che ha fatto intercettare indirettamente Mastella (non indagato). Ora si scopre che il pm ha incaricato il consulente Gioacchino Genchi di acquisire molti tabulati di utenze intestate alle massime autorità dello Stato, a magistrati, poliziotti, capi dei servizi. Tra quelli emersi ci sono i nomi di Prodi, Berlusconi, Mastella, Marini, Minniti e Mancino. Il consigliere di Unicost Fabio Roia ha proposto al Csm di aprire un fascicolo: «Bisogna capire a che titolo il consulente di un pm possa crearsi una banca dati di dati sensibili». E poi il pm deve chiarire perché non ha chiesto l’autorizzazione alle Camere per i tabulati dei parlamentari mentre Lino Jannuzzi (FI) dice che l’archivio «non avrebbe nulla da invidiare a quello del Sifar». «Un tentativo di delegittimazione tale che non è improbabile prevedere che dai dossier si passi al tritolo», sostiene invece Giacomo Mancini, dello Sdi.

Al ministero della Giustizia si parla di «grave violazione della privacy» e Mastella nel suo blog chiede «cosa ne pensate sull’acquisizione di tabulati, sul diritto alla privacy e sull’esistenza di un Grande Fratello che ci spia fin dentro i cellulari». Il Guardasigilli, infine, avrebbe già chiesto di fare accertamenti sull’ammontare dei compensi percepiti dal consulente Genchi grazie agli incarichi conferiti da de Magistris.

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