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GIUSTIZIA: RAPPORTO SU TELEFONI GIUDIZIARI PALERMO

Ansa - 12 ottobre 1989 - di Redazione

PALERMO – Il dottor Gioacchino Genchi, esperto di telecomunicazioni della polizia, ha consegnato oggi in Procura un rapporto sui risultati di una sistematica verifica dello stato dei telefoni e degli impianti relativi a Palazzo di giustizia di Palermo. Il rapporto era stato richiesto dalla Procura due mesi fa dopo che nel corso di controlli nell’ufficio del giudice Giovanni Falcone per accertare l’eventuale presenza di apparati di intercettazione, erano stati notati ”lavori non eseguiti a regola d’arte”. Nel rapporto, secondo indiscrezioni, vengono indicate una serie di sovrapposizioni di interventi, di modifiche eseguite in circa 30 anni di attività del ”Palazzo” con grossolanità, evidentemente da parte di personale non specializzato. Alla domanda – una delle tante formulate dai giudici al momento dell’assegnazione della perizia – se vi siano state o meno intercettazioni telefoniche il rapporto risponde che anche se esse fossero avvenute non è stato possibile accertarlo, ma sottolinea che non è stato trovato alcun indizio per avallare il sospetto, per altro già ”escluso” dallo stesso dottor Falcone. Nel corso dei controlli eseguiti dalla polizia non è stato sottoposto a sequestro alcun apparato ritenuto utile ad intercettazioni telefoniche.

La situazione disegnata complessivamente dal rapporto sottolinea l’urgenza di un razionale intervento di ristrutturazione degli impianti, per il buon funzionamento degli apparati e per la tutela della segretezza delle conversazioni. L’indagine riguarda anche possibili tentativi fraudolenti di accesso alla banca dati dell’ufficio istruzione. Gli accertamenti già compiuti hanno escluso anche quest’ipotesi e la Procura è in attesa di uno specifico rapporto conclusivo. La Procura sta predisponendo una nota informativa per la Procura generale; sarà poi la presidenza della Corte d’appello a formulare richieste di intervento al Comune di Palermo, proprietario dell’immobile. Indiscrezioni relative a possibili intercettazioni telefoniche al Palazzo di giustizia di Palermo avevano costituito ”motivo di preoccupazione” per il Csm che anche per questo aveva deciso di riaprire il così detto ”caso Palermo”. L’altro ieri il consigliere istruttore Antonio Meli aveva ribadito al Csm quanto già detto due mesi fa: ”Intercettazioni a Palazzo di giustizia non ce ne sono mai state ne’ potrebbero essercene. Il tema è stato affrontato nell’audizione di oggi dal giudice Falcone dinanzi al Csm. (ANSA).