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Ginecologo a giudizio per violenze, perizia sul telefonino

Affidato a un esperto l’incarico di catalogare i contenuti e i dati del cellulare del medico. Ad accusarlo una paziente straniera

Giornale di Sicilia - 7 aprile 2018 - di Sandra Figliuolo

È con quel cellulare che la giovane paziente tunisina ha registrato i presunti abusi sessuali che avrebbe subito dal ginecologo Biagio Adile e adesso di quel cellulare i giudici della seconda sezione del tribunale, che stanno processando il medico, vogliono conoscere ogni segreto. Per questo, ieri mattina, il collegio presieduto da Lorenzo Matassa ha affidato ad un esperto una speciale perizia sul cellulare che dovrà catalogare tutto il suo contenuto, ma anche mettere in luce dati che sono stati eventualmente cancellati e pure scavare in potenziali cloud, cioè memorie virtuali in cui potrebbero essere state archiviate altre informazioni. Il perito avrà sessanta giorni per consegnare la sua relazione.
 
In base alla denuncia della ventottenne straniera, Adile – finito ai domiciliari lo scorso 2 novembre – avrebbe abusato di lei in due circostanze. La prima volta l’avrebbe palpeggiata durante un controllo e questo l’avrebbe portata a decidere di presentarsi alla visita successiva pronta a registrare con il cellulare ciò che sarebbe accaduto. La presunta vittima sarebbe così riuscita a documentare come l’ex primario Uroginecologia dell’ospedale Villa Sofia le avrebbe imposto un rapporto orale. Nonostante i suoi «no», ripetuti più volte, il medico sarebbe andato avanti, abusando peraltro – secondo il sostituto procuratore Giorgia Righi – anche della condizione di debolezza della donna, affetta da gravi problemi di salute che solo Adile avrebbe trovato il modo di curare.
 
Per la difesa, rappresentata dagli avvocati Nino Agnello e Gioacchino Genchi, quel rapporto sarebbe stato consenziente. Le prove, secondo i due legali, sarebbero nei tabulati telefonici e in precedenti messaggi e conversazioni che i due avrebbero intrattenuto.
 
La registrazione compiuta dalla donna, che è parte civile nel processo con l’assistenza dell’avvocato Michele Calantropo, è costituita da due distinti file, tra i quali c’è un piccolo vuoto temporale. È comunque la prova regina, quella che, per la Procura, incastra il ginecologo. «Facciamo questa cosa, un poco e basta», dice tra l’altro Adile nella registrazione, «un altro poco… non c’è nessuno» e poi aggiunge «senza di me cosa avresti fatto?». In base al racconto della straniera, il ginecologo «ha fatto il giro della scrivania, si è messo in piedi davanti a me, si è abbassato i jeans e poi…Io dicevo no, mi veniva da vomitare, allora lui mi lasciava e poi mi riprendeva la testa… ».
 
Proprio per chiarire tutti i contorni (anche informatici) della vicenda, il tribunale ha deciso di disporre la perizia sul cellulare che, peraltro, inizialmente non era stato neppure sequestrato alla paziente. Questo è avvenuto soltanto dopo la prima udienza del processo e su precisa richiesta della difesa dell’imputato.