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Genchi: dall’ufficio dei Servizi telefonate a Cuffaro

«Talpe in Procura». Depone il consulente dei pm. La difesa: fatti irrilevanti per il processo

Giornale di Sicilia - 23 novembre 2005 - di Riccardo Arena

PALERMO. Il presidente della Regione usava tanti telefonini; uno era intestato all’attuale pentito FrancescoCampanella (l’uomo che fece timbrare una carta d’identità per Bernardo Provenzano) e su quell’apparecchio Totò Cuffaro riceveva telefonate da un ufficio super-riservato dei Servizi segreti, che avevano una sede a Palermo, via Notarbartolo 4: i contatti sono 54 complessivamente, in un arco di tempo che va dal novembre 2001 alla primavera del 2003. Però in vent’anni di indagini antimafia il consulente della Procura, Gioacchino Genchi, dice di non essersi «mai imbattuto in numeri riferibili a Cuffaro», cioè di non aver trovato contatti tra il presidente e uomini di Cosa Nostra.

A fornire numeri e a dare questa valutazione investigativa è stato lo stesso superesperto informatico, ascoltato ieri mattina al processo «Talpe in Procura», in cui Cuffaro è imputato di favoreggiamento aggravato anche nei confronti dell’imprenditore Michele Aiello, titolare di cliniche di Bagheria. Proprio Aiello, secondo l’accusa, sarebbe stato il regista della rete di talpe e Cuffaro gli avrebbe comunicato che il maresciallo del Ros Giorgio Riolo e un’altra delle presunte talpe, il maresciallo della Dia Giuseppe Ciuro, erano indagati. Al governatore viene contestata anche un’altra fuga di notizie, quella che consentì al boss Giuseppe Guttadauro di ritrovare una microspia nel salotto di casa. Entrambi gli episodi, osservano però gli avvocati Nino Caleca e Claudio Gallina Montana, sarebbero avvenuti in epoche che sono al di fuori dai contatti coi Servizi. E quindi non sono rilevanti per il processo.

Rispondendo ai pm Nino Di Matteo e Maurizio De Lucia, Genchi ha affermato che le chiamate dirette a Cuffaro, furono 12, tra il 18 novembre 2002 e il 6 maggio 2003; da un’altra utenza, invece, furono 42, tra il 27 novembre 2001 e il 7 maggio 2003. In via Notarbartolo avevano sede (un ufficio fu smantellato nei giorni in cui finirono in carcere le talpe, a novembre2003) sia il Sismi che il Sisde: «Le bollette telefoniche dell’ufficio erano intestate e pagate dal ministero degli Interni», spiega Genchi e questo farebbe pensare al Sisde, servizio segreto civile. Il consulente sostiene però che era il Sismi a chiamare il presidente. Le stesse utenze avevano contatti (sempre in «uscita») con Riolo e con un altro maresciallo, Antonio Borzacchelli, oggi deputato regionale Udc e imputato di concussione nei confronti di Aiello. La deposizione di ieri ha confermato pure le intercettazioni effettuate dal Ros e avvalorate dalle parole di Salvo Aragona, medico divenuto teste d’accusa, a proposito di un incontro avvenuto a casa di Cuffaro, la notte tra il 13 e il 14 aprile 2001, tra il presidente, Aragona e il medico Mimmo Miceli, pure lui oggi sotto processo.

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