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Confidenti che depistano e talpe che informano. C’è un retroscena di contatti border line nell’indagine che ha portato in carcere i 14 esponenti della banda che assaltava i depositi di sigarette. Due poliziotti in servizio a Palermo avevano uno dei rapinatori arrestati tra i loro confidenti. Da lui avevano ricevuto soffiate importanti per scoprire carichi di sigarette rubati nei magazzini privati in cui vengono stoccate le «bionde». Nel frattempo, però, altri poliziotti indagavano sull’intera organizzazione capeggiata dai fratelli Carmelo e Salvatore Vinci, contitolari di tre tabaccherie sequestrate e dei ristoranti Villa Virginia e Bobadilla. Ai due locali sono state sospese le licenze dal questore che ha applicato le disposizioni in materia di ordine pubblico per i luoghi «ritrovi abituali di persone pericolose». I nomi dei due poliziotti e i loro contatti con il confidente sono saltati fuori dall’incrocio dei tabulati delle conversazioni della banda. Gli agenti verranno ascoltati dal magistrato che coordina le indagini, anche se il loro ruolo pare già abbastanza definito. Conscio di rischiare molto per i suoi contatti con i Vinci, il confidente avrebbe accettato il consiglio di spifferare l’ ubicazione di uno dei depositi per consentire il ritrovamento di parte dei carichi rubati nelle tre rapine e alleggerire in questo modo la propria posizione. Dall’incrocio delle telefonate, effettuato dal consulente informatico Gioacchino Genchi per conto del pm Maurizio Agnello, risultano infatti comunicazioni tra uno degli agenti e il confidente proprio mentre era in corso la perquisizione di uno dei magazzini indicati dalla fonte. L’agente non aveva preso parte al controllo, lasciando che a gestire tutto fosse un suo diretto superiore. Più enigmatica la posizione di altri due soggetti, indicati nelle indagini con i nomi di “Beta” e “Gamma”: sarebbero stati in contatto diretto con i Vinci e a questi avrebbero anche passato informazioni riservate che sono risultate molto utili alla banda. Che ha smesso di comunicare al telefono, appena avuta notizia di intercettazioni. Che ha cambiato schede e apparecchi al primo accenno di ascolto e ha dimostrato di conoscere perfino l’ esistenza di microspie sulle auto utilizzate abitualmente. Anche “Gamma” era in contatto con i due poliziotti, come risulta dai tabulati. Il suo livello di conoscenze, però, sarebbe stato di gran lunga superiore. Se è “Gamma” la talpa, è stato in grado di procurarsi in tempo reale la notizia che su alcuni degli indagati erano state attivate le intercettazioni. Emblematica la confidenza di Letizia Vitellaro al suo convivente, Carmelo Vinci. La stessa mattina in cui era iniziato l’ ascolto delle telefonate, aveva comunicato: «Sei indagato». Nel corso delle indagini i poliziotti dell’ufficio Prevenzione generale hanno annotato una serie di stranezze. Tra queste alcune intercettazioni dalle quali si ricava che uno dei fratelli Vinci, Salvatore, avrebbe ordinato dalla cella la distruzione di prove. Dal carcere sarebbe uscita la notizia che la polizia era sulle tracce di due sofisticate radio ricetrasmittenti utilizzate per una delle rapine ai depositi. La notizia sarebbe arrivata alla moglie, che l’ avrebbe smistata a un altro familiare. Le radio, custodite in una roulotte lasciata in un parcheggio pubblico della città, sono state prelevate subito dopo l’arrivo della comunicazione dal carcere. E questo non è l’unico episodio. Sotto l’abitazione di uno dei fratelli, i componenti della banda erano soliti darsi appuntamento per pianificar e le rapine o i furti di auto e furgoni necessari per pianificare i colpi.
Nello stesso palazzo di uno degli arrestati abita anche un magistrato della Direzione distrettuale antimafia che, notato uno strano movimento sotto casa, aveva chiesto alla propria scorta di verificare chi fossero le persone che frequentavano il palazzo e quelli che vi abitavano. Dopo pochi giorni il magistrato aveva ricevuto assicurazioni che era tutto a posto e che non c’ era nulla di cui preoccuparsi. Qualche tempo dopo, la casa di uno dei fratelli Vinci è stata perquisita e la verità è saltata fuori. I poliziotti hanno bussato nell’appartamento del magistrato per un puro errore. è venuto così a galla che nel palazzo del magistrato abitava almeno un pregiudicato per rapina. Particolare grave, considerando anche che, secondo le indagini, dietro i colpi ai depositi di tabacchi e dietro la gestione dello smistamento dei carichi alle tabaccherie dei Vinci e ad altre rivendite compiacenti, c’era il via libera di Cosa nostra. I clan Galatolo, Lo Piccolo e Pecoraro avrebbero dato il loro sta bene per un giro che viaggiava con fatturati milionari e che prefigura anche un’ inedita imposizione del pizzo ad alcuni tabaccai, costretti ad acquistare la merce rubata a un prezzo vantaggioso. La costrizione stava nell’accettazione e nella condivisione del rischio di finire incriminati per riciclaggio.
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