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DRIN, DRIN. QUI PARLA FORTUGNO

Altro che un semplice medico! Giuseppe Pansera, che aveva avuto con l’ultima vittima della ’ndrangheta numerosi contatti telefonici, è un pluripregiudicato, affiliato della famiglia Morabito fin dagli anni 90. E con il gusto della violenza

News - 2 novembre 2005 - di Eodardo Montolli. Ha collaborato Alessandra Serio

C’è una partita di 5 chili di eroina nella scalata al vertice della ’ndrangheta di Giuseppe Pansera, medico dell’ospedale di Melito Porto Salvo, risultato più volte in contatto con Francesco Fortugno, il vicepresidente della Regione Calabria ucciso domenica 16 ottobre, a Locri, all’uscita dal seggio per le primarie del centrosinistra. Una partita che lo avrebbe portato in carcere già sei anni fa e che invece, per uno scambio di persona, gli ha permesso di rimanere latitante fino al 18 febbraio 2004. Il giallo risale al tempo in cui la droga transitava per Milano tramite la famiglia Bruzzaniti, cugini dei Morabito.Dopo l’arresto di Leone Bruzzaniti, l’uomo più rappresentativo della cosca, il padre Natale decise di affidarsi a un giovane ragioniere del Nord, Gabriele Sacchi, finito nei guai per un debito di 300 milioni e che Natale aveva fatto assumere in un albergo. Grazie a questo lavoro, Sacchi era diventato amico del trafficante kosovaro Enver Abazi, fino a diventare l’intermediario tra lui e i Bruzzaniti-Morabito.

Racconta Sacchi, pentitosi dopo l’arresto nel maggio del 1997, che nel luglio del ’96, per 5 chili di eroina, tra i due gruppi stava per scoppiare una furiosa lite. Per evitare il conflitto, Giuseppe Morabito, “u Tiradrittu”, inviò un ambasciatore: un medico primario calabrese noto come “il Topo”. In una prima fase delle indagini, la polizia, seguendo le dichiarazioni di Sacchi, aveva creduto di averlo individuato in un gastroenterologo di nome Giuseppe Longo. Ma una complessa consulenza tecnica sull’analisi del traffico telefonico, svolta dall’esperto Gioacchino Genchi, ha dimostrato che non poteva essere lui. Il processo si è concluso quindi con l’assoluzione del gastroenterologo e condanne a oltre 600 anni di carcere, per tutti tranne che per il misterioso Topo.

Ed è stato solo grazie ad altre indagini, che nel settembre 2004, il pm di Milano Laura Barbaini ha scoperto che il Topo (ingaggiato dai Morabito fin dal 1996) altri non era che Giuseppe Pansera, genero di Tiradrittu, che è condannato, insieme a Giovanni Morabito (figlio del boss) a 16 anni di carcere.

Il nome di Pansera, però, era già ben conosciuto dagli inquirenti. E non solo perché lo stesso Natale Bruzzaniti aveva rivelato la vera identità del Topo. Ma perché già nel 1994 Pansera era stato arrestato e si era addirittura rivolto al ministro della Giustizia lamentandosi di essere una specie di perseguitato unicamente per aver sposato la figlia di Morabito, Giuseppina.

Il medico è spavaldo. E coltiva attività pericolose. A Messina lo sanno bene, da quando l’insospettabile Pansera, il 19 marzo del 1980, era stato fermato per detenzione di materiale esplosivo insieme a Sebastiano Stelitano, compagno di università con cui verrà condannato nel processo Armonia 21 anni più tardi. Ma allora erano solo candelotti, niente a che vedere con le pistole mitragliatrici Uzi che il 5 gennaio 1999 tratta con un amico. Ed è proprio nella richiesta di custodia cautelare emessa il 27 gennaio del 2000 dal pm di Reggio Calabria Nicola Gratteri, che emerge, grazie a migliaia di intercettazioni telefoniche e ambientali, la seconda vita del dottor Pansera, «pluripregiudicato, per la già conclamata caratura criminale derivante dai pregiudizi penali specifici per associazione a delinquere di tipo mafioso, armi e altro ». In pratica Pansera aveva collaborato alla latitanza del suocero fin dal 1993 e si era creato nella cosca la fama di violento, tanto che, scrive Gratteri, «lo stesso Morabito Giuseppe, rivolto al genero, statuiva l’adozione di un comportamento improntato alla moderazione e al dialogo».

Nella torta degli appalti, per esempio, Pansera non sente ragioni se qualcuno cerca di intromettersi. E finisce pure nel marasma degli esami truccati all’Università di Messina, dove il 15 gennaio 1998 viene assassinato Matteo Bottari, docente di diagnostica alla Facoltà di medicina. In una conversazione, del 18 luglio ’98, Pansera si lamenta con la moglie: «Io ho preso i soldi, io ho preso i soldi e ho creato quel business». Ma per i giudici di Messina del processo Panta Rei non è sufficiente: miriadi di intercettazioni non sono ritenute valide e a giugno di quest’anno assolvono lui e Tiradrittu, condannando altre 33 persone. Perché Pansera è innanzitutto un medico stimato. Anche se all’appello del processo Armonia del 6 maggio 2004 viene condannato a dodici anni, in attesa della Cassazione.

Nell’operazione Armonia, Pansera viene accusato anche di clonare titoli bancari e di scegliere i candidati del Consiglio provinciale di Reggio Calabria. Ma tra i tanti nominati, quello che infine indica ai suoi, Gian Domenico Tortorella, viene assolto “perché il fatto non sussiste”. Non che sia l’unico politico che conosce di nome. Forse ne conosce altri. Forse. Ma dal suo telefono difficilmente può risultare: visto che, nonostante in famiglia ci fosse chi aveva attivato cellulari fin dal 1991, Pansera attiva il suo primo telefono solo il 17 aprile 1997. Il numero che risulterà poi in contatto 15 volte con Francesco Fortugno. Ma è probabile che prima di allora Pansera, secondo la consulenza di Genchi, avesse usato cellulari criptati e che avesse deciso di prenderne uno ufficiale solo per depistare gli investigatori dalle altre utenze. «… il telefono non voglio che lo usiamo», grida Pansera in una conversazione ambientale registrata nel gennaio ’99 a un uomo della cosca. Almeno non quello a lui intestato. Quello no, lo usa solo con persone perbene.

Nell’intercettazione del 15 febbraio del 1999, per esempio, Pansera parla al telefono con un tale Domenico Crea (morto nel 2002, secondo la testimonianza al processo Panta Rei della nipote) a proposito di una licenza edilizia: «Se non mi mettono a posto hanno finito di stare bene, loro, il Sindaco e compagni!». Crea: «Il Sindaco è un pezzo di cornuto che tu non hai neanche l’idea!». Pansera: «Io… a me lo dici? Io… io intanto lo gambizzo, poi chi viene dietro conta le pedate…». È Crea a mantenerlo calmo, perché con i buoni uffici si ottiene tutto, specie se ci lavorano i parenti: «Io, siccome so che c’è una questione che c’è mio nipote Pippo … mi rispettano per fargli avere nuove … e c’è un gruppo di tutti i comunisti che sono di Reggio … il favore me lo devono fare! Altrimenti gli taglio i viveri».

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