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PALERMO – I componenti di una banda di rapinatori arrestati stamani dalla polizia di Stato sarebbero stati in continuo contatto telefonico con investigatori delle Forze dell’ordine e con agenti dei servizi segreti durante i loro colpi a Palermo. Un traffico di telefonate scoperto inseguito al ritrovamento nel 2002 di un cellulare, perso dai rapinatori durante un colpo in una villa di Palermo dove il commando di sei persone aveva portato via 100 mila euro.
Stamani gli agenti, in seguito alle indagini coordinate dal pm Maurizio Agnello, hanno arrestato sei persone su ordine del gip. E dall’inchiesta è emerso un intreccio fra la criminalità organizzata e uomini delle forze dell’ordine, in particolare con un sottufficiale dei carabinieri che risulta indagato a piede libero.
L’indagine parte dal telefono utilizzato dai fratelli Salvatore e Giuseppe Di Lorenzo, arrestati stamani, che oltre a mettere a segno rapine mantenevano contatti e ”coperture”istituzionali.
Dall’analisi del traffico di chiamate in entrata e uscita, il consulente della procura, Gioacchino Genchi, ha evidenziato centinaia di contatti con il centralino e con gli interni in selezione passante della Questura di Palermo, dei carabinieri, cui vanno aggiunti i contatti con utenze riservate di alcuni uffici operativi del Sisde, il servizio segreto civile, di Roma. Il cellulare utilizzato dai fratelli Di Lorenzo chiamava anche le utenze personali dei singoli appartenenti alle varie forze di polizia.
Salvatore e Giuseppe Di Lorenzo oltre ad avere contatti con il bacino istituzionale, avevano allo stesso tempo rapporti con pericolosi esponenti delle cosche mafiose di San Lorenzo e Carini, guidati dai boss latitanti Salvatore e Sandro Lo Piccolo.
Gli inquirenti ipotizzano il ”protratto doppiogiochismo tenuto dai fratelli Di Lorenzo, grazie al quale si sono garantiti delle probabile coperture istituzionali”.
”Ai costanti rapporti con esponenti delle forze dell’ordine- si legge nella relazione del consulente della procura – i fratelli Di Lorenzo, in particolare Salvatore Di Lorenzo, hanno alternato contatti e frequentazioni con un pericoloso bacino mafioso, nel quale entrambi hanno continuato a vivere ed operare indisturbati, uscendo quasi sempre indenni dalle disavventure giudiziarie, o comunque riguadagnando in poco tempo la libertà, grazie anche ai propositi pseudo-collaborativi manifestatisi durante la detenzione, poi tramutatisi in un nulla difatto”. (ANSA)
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