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I combattenti di Hezbollah utilizzano i cercapersone wireless da anni. L’organizzazione aveva cambiato strategia e bandito l’uso dei cellulari e i suoi membri sono stati dotati di dispositivi a bassa tecnologia, meno suscettibili all’hacking e alle infiltrazioni. Il piano originale dell’esercito israeliano era quello di far esplodere gli ordigni in caso di una guerra in piena regola con Hezbollah al fine di ottenere un vantaggio strategico e non di farli esplodere martedì scorso, come è avvenuto. Ma l’intelligence israeliana ha evidentemente deciso di anticipare il piano perché aveva incominciato ad avere sospetti su alcuni membri del Partito di Dio sciita libanese; ciò ha indotto l’establishment della sicurezza del Mossad ad accettare un’esecuzione prematura del piano.
Alcuni giorni fa un membro di Hezbollah in Libano aveva sospettato un gioco sporco con i cercapersone, questa persona è stata uccisa, sostengono fonti locali. Insomma, alcuni membri di Hezbollah avrebbero sospettato che i dispositivi fossero compromessi e aveva pianificato di allertare i superiori. Tutto ciò avrebbe determinato il cambio di strategia dell’intelligence israeliana. Le fonti hanno detto che l’apparato di intelligence israeliano ha soppesato tre opzioni: andare in guerra con Hezbollah e far esplodere gli ordigni in linea con il loro piano originale, far esplodere gli ordigni immediatamente (prima di una guerra) e infliggere il maggior danno possibile al personale logistico di Hezbollah, o ignorarlo e rischiare che il piano venga scoperto.
La seconda opzione è stata infine eseguita in un’operazione che è stata tenuta segreta anche dal più stretto alleato di Israele, gli Stati Uniti. “Gli Stati Uniti non sono stati coinvolti”, ha fatto sapere martedì ai giornalisti il portavoce del Dipartimento di Stato Matthew Miller. “Gli Stati Uniti non erano a conoscenza di questo incidente in anticipo”. Dunque quello messo in atto martedì da Israele non era il piano originale né era la linea d’azione preferita dal governo israeliano. Ha scelto questo momento per mettere in ginocchio Hezbollah che vanta più di 150.000 missili nel suo arsenale pronti ad essere lanciati contro Tel Aviv, secondo quando è noto dall’intelligence occidentale. Ora Hezbollah ritiene Israele “pienamente responsabile” per l’attacco. Israele è in attesa della risposta di Hezbollah e spera ancora di evitare una guerra totale. I combattenti di Hezbollah utilizzano i cercapersone wireless da anni. L’organizzazione aveva cambiato strategia e bandito l’uso dei cellulari e i suoi membri sono stati dotati di dispositivi a bassa tecnologia, meno suscettibili all’hacking e alle infiltrazioni.
Il piano originale dell’esercito israeliano era quello di far esplodere gli ordigni in caso di una guerra in piena regola con Hezbollah al fine di ottenere un vantaggio strategico e non di farli esplodere martedì scorso, come è avvenuto. Ma l’intelligence israeliana ha evidentemente deciso di anticipare il piano perché aveva incominciato ad avere sospetti su alcuni membri del Partito di Dio sciita libanese; ciò ha indotto l’establishment della sicurezza del Mossad ad accettare un’esecuzione prematura del piano.
Ma come sarebbe stato possibile per l’intelligence israeliana elaborare una tale strategia? Lo abbiamo chiesto all’avvocato penalista Gioacchino Genchi, ex funzionario della Polizia di Stato e consulente dell’autorità giudiziaria per le indagini informatiche che abbiamo raggiunto telefonicamente: “Premesso che non si conosce bene la tipologia dei dispositivi, sembrerebbe che servivano per recapitare dei messaggi e per localizzare coloro che li utilizzavano, equipaggiati per poter consentire ad una unica centrale di controllo di sapere la posizione di dove si trovassero i singoli dispositivi. Il loro funzionamento è basato su un ricevitore satellitare costituito di sim dati UMTS e TSM e su batterie”. Dunque, nessuno di questi dispositivi ha caratteristiche esplosive? “No, non possono certamente diventare delle bombe se non vengono manomessi. Una batteria nella peggiore delle ipotesi, anche in condizioni critiche di surriscaldamento, non esplode, può sprigionare una fiamma, il dispositivo può incendiarsi provocando ustioni, ma non può mai provocare una esplosione. L’ipotesi più credibile è che questi dispositivi, avendo una alimentazione a batteria, hanno necessità di essere ricaricati e dunque venivano lasciati in stasi e messi sotto carica, in genere la notte, per poi essere ripresi carichi la mattina successiva dai soggetti utilizzatori”.
L’avvocato ricorda che quando non c’erano ancora le radiomobili, negli anni ’80, ai funzionari di polizia venivano consegnati i cercapersone e dunque la centrale operativa era sempre in condizione di avvisare il questore e così avveniva per i medici di pronto soccorso, per gli anestesisti. Arrivava un messaggino e sul display compariva un numero telefonico che bisognava chiamare per cui il soggetto si allertava e si metteva in contatto con la sala operativa. Nel caso dei cercapersone in dotazione ai membri di Hezbollah, questi sono stati verosimilmente equipaggiati con dell’esplosivo a innesco a distanza per essere fatti esplodere quando si decideva. Ma non è che il dispositivo poteva diventare una bomba, ma è stato modificato per esplodere. Dunque è stato fatto diventare una bomba attraverso una modifica fatta successivamente alla produzione degli apparecchi e che presumibilmente è avvenuta quando i dispostivi erano in una fase di stasi, per esempio sotto ricarica. Sono stati successivamente modificati per essere autodistrutti tramite l’introduzione di una carica esplosiva interna a innesco a distanza. L’innesco, tramite messaggino, era stato programmato per determinare una esplosione sincrona, cioè contemporanea a tutti i dispostivi che avevano subito questa manomissione.
Dunque due sono le cose da stabilire: o si trattava di dispositivi equipaggiati già in fase di produzione per essere autodistrutti tratti l’invio di un messaggino di innesco o se erano stati modificati successivamente durante una fase di stasi. Teniamo presente che tutte le tecnologie militari preferiscono scegliere apparecchiature create ad hoc per le finalità desiderate. Anche un telefono cellulare per uso militare pur avendo la stessa funzionalità di un cellulare normale vengono rielaborati per essere utilizzabile agli scopi militari, come quella di essere resistente all’acqua o agli urti per essere utilizzato in situazioni estreme. In questa fase di rielaborazione può avvenire qualsiasi tipo di modifica con l’introduzione anche di esplosivo con un innesco elettrico in modo tale da comandarlo a distanza e dunque certamente si è trattato di un esplosivo “sordo” innescato tramite un SMS che attiva il detonatore. Certamente non si è trattato di nitroglicerina o plastico perché quest’ultimi sono sensibili agli urti. Certamente si è trattato di tritolo o qualcosa di simile come quello dell’attentato al giudice Falcone nel 1992 seppure in quantità molto ridotte.
Usiamo la logica: concepire un cercapersone con un innesco esplosivo sin dalla produzione non ha senso perché una azienda o un’organizzazione che predispone il dispositivo lo fa per darlo al proprio personale e non per farli esplodere. Io ritengo che la cosa più plausibile che chi aveva il compito di effettuare la manutenzione o la ricarica li ha sostituiti con altri cercapersone manipolati e dotati di innesco esplosivo. Normalmente i cercapersone una volta scarichi vengono depositati dal possessore in buster per la ricarica e poi ritirati dopo diverse ore una volta carichi. Dunque è probabile che in quella fase sia avvenuta la sostituzione. Ovviamente questo ha comportato un grande lavoro di intelligence senza precedenti negli ultimi anni.
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