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Caso Genchi chiuso. La Cassazione: «L’archivio è lecito»

Annullata multa del Garante della privacy. La sanzione inflitta al consulente informatico era da 192 mila euro

Giornale di Sicilia - 18 gennaio 2022 - di Redazione


 
La prima sezione civile della Cassazione ha confermato l’annullamento dell’ordinanza con cui il Garante della privacy, nel 2016, aveva ritenuto illecito l’archivio informatico del superconsulente Gioacchino Genchi, che aveva lavorato per numerosi uffici giudiziari d’Italia e che poi era finito a sua volta al centro di uno scandalo scoppiato nel 2009, per i tanti dati raccolti da lui anche su magistrati e uomini politici. Con la decisione di oggi la Suprema Corte ha anche ribadito la cancellazione della sanzione da 192 mila euro, imposta dal Garante a Genchi e già annullata dalla prima sezione civile del Tribunale, a cui Genchi, ex dirigente di polizia e oggi avvocato, originario di Castelbuono, si era rivolto.
 
Il provvedimento era stato adottato il 18 luglio 2019 dal giudice Sebastiana Ciardo che aveva stabilito come il consulente avesse trattato in maniera corretta i dati delle indagini e dei processi nei quali era stato nominato consulente. La decisione era stata poi impugnata dal Garante e oggi la Cassazione ha scritto la parola fine sulla vicenda.
 
Genchi, oltre a essere stato, come superesperto informatico, consulente delle più importanti Procure italiane, era stato anche collaboratore di Giovanni Falcone e poi consulente nelle indagini sulle stragi del ‘92.
 
L’indagine sul suo archivio era cominciata dopo che era stato nominato consulente dall’allora pm di Catanzaro LuigiDe Magistris, poi sceso in politica ed ex sindaco di Napoli. Nel corso delle inchieste denominate Poseidone e Why Noterano stati acquisiti i tabulati dei dati relativi al traffico telefonico ed erano emerse alcune utenze cellulari in uso al magistrato Alberto Cisterna, ex procuratore aggiunto della Dna, all’epoca guidata da Piero Grasso. Genchi aveva appurato i rapporti tra Cisterna e Luciano Lo Giudice, appartenente a una famiglia di ndrangheta di Reggio Calabria. Per quei suoi rapporti, il Csm aveva applicato a Cisterna la sanzione disciplinare e la misura cautelare del trasferimento d’ufficio, dichiarando l’incompatibilità a svolgere funzioni requirenti. Misure entrambe confermate dalle sezioni unite della Cassazione. Cisterna, ritenendo illeciti il trattamento e la divulgazione dei suoi dati personali, aveva presentato un esposto al Garante della Privacy.
 
Nella sua sentenza adesso la Cassazione rimarca «la congenita debolezza dell’impianto istruttorio su cui si regge l’accusa mossa nei confronti di Genchi», non essendo stato effettivamente provato, sulla scorta di «un’analisi tecnica approfondita» che il consulente avesse «trattato i dati in suo possesso per finalità estranee a quelle di giustizia, in ragione delle quali ne era avvenuta l’acquisizione». Inoltre, «avendo acquisito i dati nel corso della sua attività di perito, Genchi era esentato dall’osservare le norme dettate dal decreto legislativo 196/2003 a tutela dei dati personali. E poiché non vi era prova che il Genchi avesse trattenuto e trattato i dati così acquisiti oltre i tempi richiesti dalle consulenze affidategli, nessun illecito era perciò al medesimo addebitabile».