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«Bombe». Resta un giallo il movente

Palazzo Piacentini. Vertice ieri in Procura per fare il punto sulle indagini a quattro giorni dagli inquietanti fatti avvenuti lungo la costa a nord della città. Trovata l’undicesima bombola esplosa. Mobilitato un pool di esperti

Giornale di Sicilia - 10 febbraio 2004 - di Natalia Bandiera

MESSINA. Il vertice è stato convocato di buon’ora dal procuratore capo, Luigi Croce che è tornato da Venezia ed ha voluto fare il punto sul «caso bombe». Quei dieci ordigni – senza considerare lo scaldabagno risultato privo di qualsiasi tipo di materiale esplodente – disseminati su 12 chilometri di costa non hanno ancora un movente, nè dei responsabili. Domenica, un cittadino ha segnalato la presenza dell’ennesimo ordigno che è stato rimosso ieri. Era esploso giovedì notte.

Alla riunione hanno partecipato il procuratore aggiunto Pino Siciliano, il sostituto della Direzione distrettuale antimafia Vincenzo Barbaro ed il pm Antonino Nastasi. Presenti i funzionari della questura (sono a lavoro Squadra Mobile e Digos) gli esperti dello Sco arrivati da Roma, e il funzionario di polizia specializzato in informatica e telefoni Gioacchino Genchi di Palermo. Un pool che dovrà fare luce sugli attentati che da giovedì notte, interrogano la cittadinanza che vuole sapere cosa stia accadendo. Le ipotesi vagliate fino a questo momento, sono diverse.

Nessuna in particolare può essere privilegiata – hanno spiegato i funzionari della questura – perché non ci sono ancora elementi. Nessuna rivendicazione, ma questo non esclude che non ci sarà in futuro, anzi, lascia spazio a tesi allarmanti come la possibilità che l’operato dei dinamitardi non sia finito. Per questo, la zona nord, ritenuta ancora un obbiettivo sensibile, è tenuta sotto controllo dagli agenti che vigilano notte e giorno per scongiurare altri gesti dimostrativi.

Intanto, gli esperti della Scientifica hanno accertato che le cinque bombe inesplose hanno fallito per due motivi. Il primo riguarda una delle bombole piazzate sulla spiaggia. Il clorato inserito per realizzare uno degli ordigni si sarebbe condensato. Negli altri quattro casi, invece, i dinamitardi non sarebbero riusciti a sistemare il timer, forse perché disturbati durante la fase preparatoria. Una cosa è certa, quelle dieci bombe non dovevano fare del male a nessuno, non dovevano assolutamente provocare vittime.

Ecco perché la scelta della villa del geometra in pensione Filippo Turiaco, a Mortele, disabitata d’inverno. «L’intento non era quello di attentare alla vita di qualcuno – dicono gli inquirenti – ma solo di dimostrare qualcosa di forte, di lanciare un chiaro segnale». Insomma, un atto dimostrativo in piena regola che però, sta disorientando chi si aspettava una rivendicazione.

 

Un pool per le bombe di Messina

MESSINA. Vertice, ieri mattina, in Procura, dopo il rientro del procuratore Capo di Palazzo Piacentini Luigi Croce che è tornato da Venezia ed ha voluto fare il punto della situazione. Quei dieci ordigni – senza considerare lo scaldabagno risultato privo di qualsiasi tipo di materiale esplodente – disseminati su dodici chilometri di costa nord non hanno ancora un movente, né dei responsabili. Domenica, un cittadino ha segnalato la presenza dell’ennesimo ordigno, l’undicesimo, sulla spiaggia di contrada Principe a Sant’Agata. È stato rimosso ieri mattina. Era esploso giovedì notte, ma ha creato danni lievi ad una barca, sotto la quale era stato collocato. Alla riunione di ieri, hanno partecipato il procuratore aggiunto Pino Siciliano, il sostituto della Direzione distrettuale antimafia Vincenzo Barbaro ed il pm Antonino Nastasi della Procura ordinaria. Presenti i funzionari della questura peloritana – sono a lavoro Squadra Mobile e Digos – gli esperti dello Sco arrivati da Roma e il funzionario di polizia specializzato in informatica e telefoni Gioacchino Genchi di Palermo.

Un pool che dovrà fare luce sugli attentati iniziati giovedì notte. Le ipotesi vagliate fino a questo momento, sono diverse. Nessuna in particolare può essere privilegiata – hanno spiegato ieri mattina, i funzionari della questura – perché non ci sono ancora elementi. Nessuna rivendicazione, ma questo non esclude che non ci sarà in futuro, anzi, lascia spazio a tesi allarmanti come la possibilità che l’operato dei dinamitardi non sia finito. Per questo, la zona Nord, ritenuta ancora un obbiettivo sensibile, è tenuta sotto stretto controllo dagli agenti di polizia che vigilano notte e giorno per scongiurare altri gesti dimostrativi.

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