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BOMBE MESSINA: CONDANNATI FRATELLI CHE PIAZZARONO ORDIGNI

Ansa - 20 aprile 2005 - di Lirio Abbate

MESSINA – Il gup del tribunale di Messina, Alfredo Sicuro, ha inflitto complessivamente circa dieci anni di carcere a tre dei quattro imputati accusati di avere piazzato bombe nel febbraio dello scorso anno sul litorale Nord di Messina. Il giudice ha assolto Giovanni Petrillo, 40 anni, cameriere, che era accusato di detenzione di armi. L’uomo, che era agli arresti domiciliari da 14 mesi, è stato scarcerato.

Il processo si è svolto con il rito abbreviato. Le condanne sono state inflitte ai fratelli Giuseppe e Gianfranco Rotondo, il primo a un anno e otto mesi per detenzione di armi, il secondo a cinque anni e due mesi di reclusione. Quest’ultimo è ancora detenuto e fino a tre anni fa gestiva un lido balneare proprio sotto il pilone di Torre Faro.

All’elettricista Giovanni Niosi sono stati inflitti due anni e otto mesi, ed è agli arresti domiciliari.

Gli imputati sono accusati di avere piazzato e fatto esplodere ordigni in serie all’alba del 6 febbraio dello scorso anno sul litorale messinese per una concessione demaniale negata da parte della Capitaneria di Porto per la realizzazione di un nuovo lido balneare a Sant’Agata.

La polizia riuscì a individuare e arrestare i quattro indagati nel giro di poche ore, grazie anche alla collaborazione del consulente informatico Gioacchino Genchi che nella stessa notte in cui esplosero le bombe analizzò, su incarico della procura, il traffico telefonico della zona e studiò i contatti fra alcuni cellulari e i ponti radio su cui i telefonici si erano agganciati.

Il gup ieri, prima di entrare in camera di consiglio, ha voluto sentire in aula Genchi per ricostruire la dinamica della vicenda supportata dall’analisi tecnica fatta dal consulente.

Durante le perquisizioni gli agenti trovarono nelle abitazioni dei fratelli Rotondo una collezione di armi da guerra oltre a materiale per preparare gli ordigni: una mitragliatrice, due fucili a canne mozze, tre pistole e varie munizioni da guerra.

A ‘tradire’ gli autori degli attentati è stata una piccola batteria di alimentazione inserita nel congegno per l’innesco dei cinque ordigni inesplosi, sui nove piazzati. L’esame della marca della batteria consentì agli investigatori di risalire al concessionario di Messina e quindi a un cliente che ne aveva acquistato una consistente partita, l’elettricista Giovanni Niosi. Un filmato girato da una telecamera a circuito chiuso posizionata nei pressi di una stazione di servizio della litoranea, ha poi permesso l’individuazione dei numeri di targa di alcune autovetture ”sospette”.

Gli attentati furono compiuti all’alba del 6 febbraio scorso: in quell’occasione l’esplosione contemporanea di quattro ordigni in punti diversi provocò la distruzione di una villetta e di quattro barche di pescatori. Nelle ore successive gli investigatori scoprirono altri cinque ordigni uguali (una bombola di gas vuota imbottita di esplosiva e collegata a un timer), il cui innesco fissato per la stessa ora, le quattro del mattino, non aveva funzionato. (ANSA)