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La marcia degli studenti. A piedi da Castelbuono a Cefalù per il trasporto gratuito

Il leader Gioacchino Genchi ha scritto: “All’epoca le superiori erano concentrate nei grandi paesi e i costi per raggiungerle erano onerosi. C’era così chi era costretto a lasciare gli studi solo perché non poteva pagarsi i viaggi. Una discriminazione tra poveri e ricchi che fu risolta quando una legge regionale ci diede ragione”

Supra u Ponti - 31 ottobre 2014 - di Giuseppe Spallino

52666721_2288067467924935_1301716278595026944_nL’11 ottobre 1976 i 140 studenti pendolari castelbuonesi percorrevano a piedi una significativa marcia di protesta fino a Cefalù per richiamare l’attenzione dei competenti organi regionali sul problema del trasporto gratuito.

 

La Regione aveva già fatto una legge per assicurare il trasporto gratuito degli studenti costretti a frequentare scuole superiori poste in luogo diverso da quello di residenza, demandando ai Comuni l’organizzazione del servizio.

 

Per i primi due anni tutto è andato liscio, in quanto il finanziamento regionale è stato sufficiente perché il Comune provvedesse con la forma dell’abbonamento a far viaggiare gli studenti con il servizio di linea dell’Ista che, proprio per il trasporto dei medesimi, aveva istituito due corse bis: Castelbuono-Cefalù e ritorno.

 

Sennonché il 31 dicembre 1975 l’Ista si è rifiutata di continuare il servizio, per cui il Comune si è trovato costretto, per assicurare il trasporto, a noleggiare tre autobus della Ditta Lombardo, spendendo in più, rispetto al consuntivo dell’anno precedente, circa 7 milioni di lire.

 

E poiché la Regione, tramite l’Assessorato alla Pubblica Istruzione, interviene con una somma pari al consuntivo dell’anno precedente, rifiutandosi di prendere in considerazione i forzati aumenti di costo verificatisi nel corso dell’anno, il Comune si è trovato con un primo “buco” da coprire di ben 7 milioni di lire che non ha e che deve stornare da altri servizi essenziali.

 

Avvicinandosi l’inizio del nuovo anno scolastico, il Comune, dopo aver ricevuto dall’Ista un nuovo categorico rifiuto a rimettere le corse bis, convocava i sindaci di altri 10 Comuni ad una riunione, tenutasi il 2 ottobre, per dibattere il problema, reso irrisolvibile dal fatto che l’Assessorato alla P.I. intendeva mantenersi nei limiti del finanziamento precedente (12 milioni di lire), per cui il Comune di Castelbuono avrebbe dovuto spendere in proprio l’enorme somma di 20 milioni di lire. Dalla riunione venivano fuori numerose richieste, inviate con un documento unitario a tutti gli organi competenti, tra cui, in particolare, il finanziamento integrale della spesa o il potenziamento del servizio pubblico di linea.

 

Nel frattempo la pressione degli studenti aumentava e il Comune inviava l’assessore Gigi Farinella all’Assessorato alla P.I. per farsi approvare il ricorso al noleggio degli autobus della Ditta Lombardo al prezzo da questa richiesto. L’Assessorato rispondeva negativamente, per cui tutto ritornava al punto di partenza.

 

Si decideva così la marcia di protesta da Castelbuono a Cefalù, 24 km a piedi effettuati in quasi quattro ore la mattina dell’11 ottobre da tutti gli studenti con alla testa l’assessore Mario Fiasconaro, ripresa e commentata dalle telecamere della Rai, nonché dalla stampa regionale e nazionale come “L’Unità”.

 

L’iniziativa sortì i suoi obiettivi. L’Assessorato alla P.I. assicurò l’integrale finanziamento di 32 milioni.

 

A questa notizia, gli studenti, soddisfatti, annullavano le ulteriori iniziative programmate e il Comune si accingeva a stipulare la convenzione con la Ditta Lombardo.

 

177140_4175017064036_599376211_oLa marcia venne organizzata da uno studente sedicenne dell’istituto tecnico con i riccioli e l’indole ribelle: Gioacchino Genchi (nella foto del 1976 insieme ai compagni di scuola, lui è il terzo in piedi da sinistra), che su questo storico evento nel suo libro “Il caso Genchi. Storia di un uomo in balia dello Stato” (edito da Aliberti nel 2009) ha scritto: “All’epoca le superiori erano concentrate nei grandi paesi e i costi per raggiungerle erano onerosi. C’era così chi era costretto a lasciare gli studi solo perché non poteva pagarsi i viaggi. Una discriminazione tra poveri e ricchi che fu risolta quando una legge regionale ci diede ragione”.

 

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