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PALERMO – Si complica la vicenda processuale delle tre ”Charlie’s Angels’ palermitane fermate dalla polizia per alcune ore il 9 aprile scorso nel Palazzo di giustizia di Palermo, mentre, per conto di una moglie gelosa, spiavano un marito infedele, di professione avvocato penalista.
I nuovi guai avrebbero origine da una presunta ‘pace’ tra i coniugi e così le tre investigatrici private, Grazia Beffumo, 23 anni, Belinda La Barbera, di 24, Alba Genova, di 26, sono state denunciate, con l’aggiunta di una richiesta di danni dalla loro, ormai ”ex”, cliente. Di certo c’è che, nel costituirsi in giudizio, la donna si fa assistere proprio dal marito che le tre ‘007’ avevano fotografato e ripreso su video-tape, persino all’interno di una camera d’albergo, in atteggiamenti inequivocabili. Le tre ragazze, dunque, ed il titolare dell’agenzia investigativa, Luigi Federico Iavazzo, avranno ”avversario” in tribunale la loro ”vittima”. La moglie gelosa sostiene che la mancanza di professionalità – desunta dal fermo in flagranza – delle ”Charlie’s angels” l’ha esposta ad una sgradita pubblicità, che ”ha rovinato l’immagine della sua famiglia”.
Il gip Fabio Licata oggi ha sospeso per due mesi l’attività di Iavazzo, in attesa degli sviluppi investigativi, e del deposito di una consulenza tecnica affidata al funzionario di polizia Gioacchino Genchi.
La vicenda comincia quando la moglie di un penalista agrigentino commissiona alla ”Virtus” una indagine sulla fedeltà del marito. La donna non si limita a fornire i punti di riferimento essenziali, come i recapiti telefonici del coniuge, ma cela dentro la valigetta dell’avvocato una cimice elettronica, fornitale dalla ”Virtus”, collegata via satellite ad una ricevente, capace di monitorare gli spostamenti sul territorio del sorvegliato.
Le tre ‘007’ avevano dunque ”agganciato” e non più mollato il loro obiettivo, tallonandolo oltre che in albergo anche quando il penalista era entrato al palazzo di giustizia di Palermo per difendere un cliente. Una volta all’interno del ”Palazzo” hanno sottovalutato il rischio che derivava dall’operare in un ambiente dove cento occhi scrutano manovre sospette e la loro attrezzatura elettronica, comprensiva di un cellulare clonato sulle frequenze del ‘fedigrafo’, le ha subito esposte ad approfonditi controlli.
E’ così scattato un fermo di polizia, protratto per otto ore, e quindi una denuncia per vari reati, inclusi quelli connessi alla violazione della privacy, a piede libero. Le tre investigatrici ieri sono state interrogate per quasi sei ore dal magistrato. (ANSA)
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