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Chi ha seguito storicamente la vicenda e le posizioni di Gioacchino Genchi, quasi non resterà sorpreso dalle motivazioni della sentenza della Corte d’assise di Caltanissetta sul processo Borsellino Quater nella quale si parla “di uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana”. Qui l’intervista rilasciata al TGR Sicilia
“Arnaldo La Barbera aveva carta bianca nelle indagini sulle stragi del ’92, era il dominus. Aveva delle deleghe in bianco. Poteva fare e strafare tutto quello che voleva. Trattava i giovani magistrati ma anche alcuni funzionari di polizia dall’alto verso il basso”. E’ quanto ha riferito oggi, in Corte d’Assise, al processo “Borsellino quater”, Gioacchino Genchi, esperto informatico e subito dopo le stragi di Capaci e via d’Amelio, componente del pool costituito per indagare sugli attentati per poi lasciare il gruppo Falcone-Borsellino poiche’ non condivideva la gestione del falso collaboratore…
CALTANISSETTA - "Gioacchino Genchi mi ha sempre espresso l'opinione che Scarantino fosse farlocco, dicendo che per questo aveva abbandonato il gruppo Falcone-Borsellino, non condividendo più le strategie di indagine sulla strage di via D'Amelio. Nel corso degli anni ho parlato più volte con Genchi del depistaggio, ma esprimendo solo mie valutazioni personali non ancorate a fatti concreti e non ho mai ricevuto confidenze da poliziotti appartenenti al gruppo Falcone-Borsellino né sulla strage di via D'Amelio né sulla gestione di Scarantino". Sono dichiarazioni del poliziotto Bartolo Iuppa durante l'interrogatorio sostenuto nei…
Quel maledetto 19 luglio avevo dodici anni e mezzo, un’età in cui si è troppo piccoli per capire ma già abbastanza grandi per non restare indifferenti. Ricordo ancora, come se fosse ieri, i titoli del giornale radio mentre in macchina con i miei zii tornavo dal lido di Cefalù. E ricordo pure che una volta a casa corsi ad accendere la tivù per provare a capire. Già allora erano tante le domande a cui non riuscivo a dare una risposta, ma pensavo che fosse più un problema mio, legato alla…
Il “papa” che s’accascia sotto il sole. Si piega sulle ginocchia. A Pianosa non c’è un filo d’erba, il caldo è torrido, dagli elicotteri i mafiosi scendono in fila indiana, incatenati gli uni agli altri – a gruppi di otto – e si fermano sul piazzale davanti al carcere: è il 20 luglio 1992. Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta sono stati ammazzati poche ore prima in via D’Amelio. Gioacchino Genchi ha 31 anni e il capo della Polizia, Vincenzo Parisi, l’ha appena nominato dirigente dell’anticrimine per la Sicilia occidentale.…
In via D’Amelio, in quell’inferno, vide movimenti strani o persone sospette? Mi riferisco alla vicenda dell’agenda “rossa”, scomparsa nel nulla e mai più ritrovata, su cui Borsellino annotava tutto. Borsellino annotava tutto quello che stava facendo, stava sentendo Gaspare Mutolo che ha parlato di Contrada, che ha parlato di Signorino. Contrada è stato condannato, Signorino dopo che l’abbiamo interrogato a Caltanissetta si è suicidato. Questo già la dice lunga. Io sono arrivato quando già l’agenda rossa era già scomparsa, è stata repertata una borsa dove c’era l’agenda, che era…
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