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L’Avv. Gioacchino Genchi è nato a Castelbuono (PA) il 22 agosto 1960.
Castelbuono è una ridente località della provincia di Palermo, situata alle pendici delle “Madonie”, con storiche tradizioni di cultura, democrazia e legalità.
Per Genchi l’essere “castelbuonese” è la cosa di cui – in assoluto – si sente più orgoglioso.
Da bambino si è formato nella libreria del padre, centro di ritrovo dei letterati e degli studiosi del paese. Quella libreria è stata per lui la prima, vera, e più importante “scuola” della sua vita.
Da ragazzo, nel tempo libero dagli studi e nel periodo estivo, ha svolto svariati lavori, in vari settori.
Nel 1979 ha conseguito il diploma di maturità con 60/60, acquisendo già nel corso degli studi superiori l’approccio e la passione per le nuove tecnologie elettroniche ed informatiche.
Dopo il diploma, viste le non troppo floride condizioni economiche della famiglia, ha continuato a lavorare per un’azienda del centro Italia specializzata nel settore informatico.
Si è così mantenuto negli studi universitari ed ha conseguito la Laurea in Giurisprudenza con 110/110 e la Lode Accademica, all’Università degli Studi di Palermo.
Nel corso degli studi universitari, oltre alle materie ordinarie del piano di studi (conseguite col massimo dei voti), ha frequentato ben 10 “corsi liberi” in materie storico-giuridiche, tutti superati con “30 e Lode”.
Ha intrapreso la carriera forense ed ha conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione di “Avvocato”.
Ha pure conseguito l’abilitazione all’insegnamento di materie giuridiche nelle scuole superiori.
Nel 1985 ha superato il Concorso di Vice Commissario della Polizia di Stato.
Dall’ingresso in Polizia ha diretto diversi uffici (la Zona Telecomunicazioni per la Sicilia Occidentale, il Nucleo Anticrimine per la Sicilia Occidentale, il Centro Elettronico Interregionale di Palermo, preposto all’informatizzazione degli Uffici di Polizia della Sicilia e della Calabria, ecc.).
Su incarico del Consiglio Superiore della Magistratura ha tenuto dei corsi di formazione e di aggiornamento per Magistrati e Uditori Giudiziari.
Altri corsi ha tenuto per gli Avvocati, su incarico di diversi Consigli dell’Ordine e delle Camere Penali.
Ha pure insegnato nelle Scuole di Polizia ed ha tenuto numerosi interventi, seminari e corsi di studio presso diverse Facoltà Universitarie italiane ed estere.
Dall’Anno Accademico 2009 ha insegnato alla Scuola di Formazione per le professioni legali, presso la Cattedra di Procedura Penale dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” di Roma, tenendo dei corsi nel settore delle intercettazioni e delle indagini tecniche ed informatiche nell’ambio dei fenomeni criminosi complessi, con particolare riguardo alla criminalità organizzata, al terrorismo, ai delitti di omicidio, alle rapine, al traffico di stupefacenti, alle estorsioni, alle associazioni di stampo mafioso, al riciclaggio, alla fittizia intestazione di beni, ecc..
Dal 1987, dopo avere conosciuto il giudice Giovanni Falcone e intrapreso con lui le prime collaborazioni nel settore dell’analisi informatica dei dati processuali, ha svolto l’incarico di consulente tecnico dell’Autorità Giudiziaria in numerose indagini e in importanti processi penali.
Ha collaborato, fra le altre, alle indagini sul primo fallito attentato della “Addaura” del 21 giugno 1989 a Giovanni Falcone, alle indagini sulla strage di Capaci del 23 maggio 1992 in cui rimasero uccisi lo stesso Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta e alle indagini sulla strage di Via D’Amelio del 19 luglio 1992, in cui fu trucidato il Procuratore Aggiunto di Palermo Paolo Borsellino e gli agenti di scorta.
I risultati del suo lavoro sono consacrati in centinaia di ordinanze, di sentenze e di pronunce della Corte di Cassazione e, in ultimo, nelle richieste di revisione delle sentenze sulla strage di Via D’Amelio, dopo l’accertamento dei depistaggi istituzionali e le falsità di alcuni collaboratori di giustizia, che Genchi aveva denunciato sin dal maggio del 1993, quando decise di lasciare il Gruppo di indagine sulle stragi, in forte polemica con l’allora dirigente di polizia Arnaldo La Barbera.
A distanza di oltre 25 anni i depistaggi sulle indagini sulla strage di Via D’Amelio denunciate da Gioacchino Genchi nel maggio del 1993 hanno dato luogo ai giudizi di revisione per i numerosi imputati ingiustamente condannati alla pena dell’ergastolo ed ai processi a carico dei presunti depistatori, ancora in corso presso il Tribunale di Caltanissetta, ai quali Genchi ha dato il suo contributo con numerose deposizioni testimoniali, fra le quali si riepilogano le più recenti:
Specializzatosi nelle consulenze giudiziarie, nel giugno del 2000, per una scelta puramente deontologica, ha chiesto di essere collocato in aspettativa non retribuita dalla Polizia di Stato, per dedicarsi a tempo pieno e con maggiore indipendenza alla collaborazione con l’Autorità Giudiziaria.
Ho così di fatto rinunciato volontariamente a percepire lo stipendio e alla progressione della carriera in Polizia, quando già ricopriva da oltre cinque anni la qualifica di Vice Questore Aggiunto.
Nell’assolvere agli incarichi giudiziari che gli sono stati affidati da numerosi Uffici Giudiziari italiani (requirenti e giudicanti) ha sempre e solo servito lo STATO e la GIUSTIZIA, nello strenuo tentativo di ricerca e di affermazione della VERITA’, con lealtà e assoluto rispetto delle garanzie difensive.
A seguito delle note vicende del procedimento “Why Not”, mentre svolgeva delle indagini su collusioni istituzionali che investivano il mondo della politica, dell’imprenditoria e – in particolare – della magistratura calabrese, è iniziata nei suoi confronti una forte campagna di delegittimazione con strumentali inchieste giudiziarie, sequestri e processi penali dai quali l’Avv. Gioacchino Genchi è uscito assolto da ogni addebito.
Dopo il proclama del 24 gennaio 2009 del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che ha preannunciato quello che doveva essere “il più grande scandalo della Repubblica” è stato posto sotto accusa dal COPASIR (Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica), all’epoca presieduto dal Sen. Francesco Rutelli e indagato dalla Procura della Rubblica di Roma (dai Procuratori Aggiunti Achille Toro e Nello Rossi).
Anche da quelle accuse l’Avv. Gioacchino Genchi è stato assolto “perché il fatto non costituisce reato” con sentenza della Corte di Appello di Roma n. 1520/2015 del 21 ottobre 2015.
Nel marzo 2009 è stato sospeso dal servizio dalla Polizia di Stato per avere replicato a un giornalista di Panorama che il 19 marzo – il giorno della festa del papà – l’aveva insultato nella bacheca del suo profilo Facebook, commentando con accuse ingiuriose il post degli auguri del figlio Walter, che aveva scritto: “Caro papà, poco mi importa cosa pensa e dice di te Silvio Berlusconi. Per me sei il migliore papà del mondo!”.
Alla sospensione dal servizio sono seguiti ulteriori strumentali procedimenti disciplinari per degli interventi tenuti in varie parti d’Italia (mentre era sospeso dal servizio in Polizia) e, nel marzo del 2011 – nonostante avesse riportato encomi, la valutazione di ottimo e il massimo del punteggio nei 25 anni di servizio precedenti e fino al 2008 – è stato definitivamente destituito dalla Polizia di Stato per avere assertivamente «offeso», nel corso di un intervento pubblico, «l’onore e il prestigio del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi».
Nella storia dell’ordinamento amministrativo italiano non si rinvengono precedenti di destituzioni dall’impiego di funzionari pubblici per avere espresso delle opinioni (peraltro fuori dal servizio e dalle funzioni), nemmeno nel corso del ventennio fascista.
Tutti i provvedimenti cautelari e disciplinari adottati a stillicidio dal Ministero dell’Interno nei confronti del Vice questore Aggiunto Gioacchino Genchi negli anni 2009, 2010 e 2011 sono stati annullati dal TAR di Palermo con la sentenza n. 2025/2014 del 23 luglio 2014 nel presupposto che gli stessi erano stati adottati «con un evidente intento persecutorio nei confronti del ricorrente» stante che «ad avviso del Collegio l’Amministrazione ha mostrato una eccezionale pervicacia a procedere disciplinarmente nei confronti del proprio dipendente, facendo seguire con una scansione logica precisa gli atti (ivi compresi il primo provvedimento cautelare adottato sine die e le diffide) utili ad addivenire alla irrogazione delle sanzioni, le quali poi hanno costituito la base per il successivo provvedimento di destituzione, al quale sembra invero essere stata preordinata l’intera azione amministrativa. Dalle superiori premesse emerge, come logica conseguenza, che anche il provvedimento di destituzione è viziato per eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica».
L’appello del Ministero dell’Interno alla sentenza del TAR Palermo è stato integralmente respinto dal CGA per la Regione Siciliana con sentenza n. 539/2015 del 16 luglio 2015 e nell’agosto 2016 il Vice Questore Aggiunto Gioacchino Genchi è stato reintegrato in servizio nella Polizia di Stato.
Dopo la ricostruzione della carriera, la “restituito ad integrum” e l’integrale indennizzo per le competenze stipendiali non percepite, nell’agosto 2016 il Dott. Gioacchino Genchi ha chiesto di essere collocato in quiescenza e dal settembre 2016 ha ripreso la professione di Avvocato e si è riscritto all’Ordine degli Avvocati di Roma.
Da allora esercita a tempo pieno la professione di Avvocato nel settore penale con studio in Roma e Palermo, mettendo a frutto l’esperienza maturata in oltre 30 anni di attività nel settore giudiziario.
Ha mantenuto il suo staff di specialisti e tecnici informatici che negli anni lo hanno coadiuvato nelle consulenze svolte per conto dell’Autorità Giudiziaria e che ora lo collaborano nelle attività difensive e nell’assistenza legale che assicura nella nuova funzione di Avvocato in varie parti d’Italia.
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