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Cellular killer

Una ragazza scomparsa, uno dei suoi telefoni in mano alla persona sbagliata, un investigatore capace di ricostruire vita e morte di una donna in base a semplici tabulati. Sono gli ingredienti di un giallo ambientato nelle campagne di Firenze che potrebbe portare gli inquirenti a incastrare un omicida seriale tradito da una mania molto pericolosa: impossessarsi dei portatili delle proprie vittime

News - 28 luglio 2005 - di Edoardo Montolli

C’è l’ombra di un nuovo mostro a Firenze. Un mostro che avrebbe agito nella stessa zona dei compagni di merende. La vicenda inquietante, scoperta da News, legherebbe la scomparsa di una donna bolognese di 37 anni, Margherita Bisi, nel 2002, con l’omicidio di una prostituta ventenne di colore, massacrata con 18 coltellate e ritrovata scheletro nelle boscaglie di Scandicci il 28 novembre 2004. I carabinieri avrebbero infatti notato un punto di connessione tra i due casi: quello di un telefono cellulare. Un telefono di cui l’assassino si impossesserebbe dopo il delitto e che, attraverso tracce telematiche, racconterebbe al posto suo ciò che è accaduto. Come se fosse un testimone. Attendibilissimo. Visto che ha portato alla condanna proprio per l’omicidio della Bisi il giovane Luca Delli, senza che il cadavere della vittima sia mai stato ritrovato: circostanza, in Italia, più unica che rara. Ma per muoversi tra i grovigli di una storia che sembra un thriller di James Hadley Chase e che porta dal delitto della Bisi alla scoperta del corpo di Scandicci, è necessario fare qualche passo indietro.

 

IL MISTERO DI MARGHERITA BISI

Quando, il 13 marzo 2002, Margherita esce dalla sua abitazione di Bologna, dice a sua madre che va a incontrare un giovane amico a Firenze e che sarà indietro per l’una. In Italia ha conosciuto tanta gente, chi tramite chat, chi attraverso annunci sui giornali, quindi a casa non si preoccupano. Ha 50 euro in tasca, nessun cambio di vestiti, un lavoro da geometra che la soddisfa, eppure indietro non torna più. A lungo si ripetono gli appelli della famiglia in tv e a Chi l’ha visto?, specie quando l’auto di Margherita viene recuperata nel parcheggio dell’aeroporto toscano con i segni di un incidente. Il caso, tuttavia, verrebbe archiviato se non fosse che la donna, quella sera, racconterà la madre in caserma, aveva con sé i suoi due telefoni cellulari. Un dettaglio cruciale.

 

LA SCHEDA RACCONTA

Sulla scomparsa di Margherita torna a formarsi quel pool di investigatori che per anni ha combattuto Cosa Nostra: il maggiore dei carabinieri Stefano Fedele e il pm Alfonso Sabella, trasferito da Palermo alla Procura di Firenze. È quest’ultimo ad affidare le indagini telematiche a uno dei massimi esperti italiani, il vice questore Gioacchino Genchi, che lo ha già affiancato nella cattura di latitanti del calibro di Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca. E dall’analisi di cinque anni della scheda Gsm e del numero seriale dei due cellulari, il cosiddetto Imei, Genchi scava attraverso 155.000 contatti telefonici e 7.000 utenze chiamate dalla donna. E scopre i movimenti fatti da Margherita quel maledetto 13 marzo. Dalle conversazioni con due persone conosciute attraverso i giornali – risultate lontane dal luogo della scomparsa proprio grazie ai tabulati dei cellulari – fino a quelle della sera con Luca Delli, 26 anni, fiorentino, pregiudicato. Interrogato, il ragazzo ammette di conoscerla dal 1999 con il nome di Stefania, di averla vista la sera della scomparsa per venti minuti all’area di servizio di Firenze Nord e di aver tentato, ma invano, di chiamarla due giorni più tardi. Ed è qui che viene incastrato: non solo la telefonata non risulta, ma la mattina successiva all’incontro in uno dei telefoni di Margherita (identificabile dall’Imei) Delli inserisce la propria scheda Gsm. Poi regala l’altro a una conoscente. Insomma, è lui ad avere in mano i telefoni della donna.

Il problema è capire cosa accade nelle ore successive. Perché Delli, finito al pronto soccorso, aveva raccontato di essersi ferito, la notte, in una rissa con dei cinesi fuori da un locale. Ma quel giorno il locale era chiuso per turno: nessun cinese, nessuna traccia di risse.

I carabinieri sospettano che lui abbia ucciso Margherita e si sia fatto male, non avendo la patente, nell’usare la macchina della donna, su cui sono state trovate tracce di sangue. Intanto Genchi scova un particolare sfuggito nelle prime indagini: una telefonata di 33 secondi fatta da casa di Delli alla Bisi alle 13,07 del 13 marzo: la prova che lui l’aveva cercata per incontrarla. Il 7 aprile del 2003 Delli è arrestato per omicidio e occultamento di cadavere.

 

LA CONDANNA

Delli non risponde più alle domande. Si proclama innocente, ma i telefoni “hanno parlato” contro di lui. E il 5 maggio di quest’anno, in primo grado, viene condannato dalla Corte d’Assise a 23 anni di reclusione anche se il corpo di Margherita non è mai stato ritrovato. Per via di due soli dati incontrovertibili: il passaggio, quella notte, dei due cellulari dalla donna al ragazzo e l’accertata localizzazione del suo cellulare allo svincolo di Sesto Fiorentino, dove giunse Margherita. A tradire l’assassino è il furto degli oggetti della vittima, come succede con i serial killer che la criminologia definisce “collezionisti”. Ma per un assassino è molto rischioso collezionare i cellulari delle vittime.

Il primo giugno c’è un altro colpo di scena: Delli viene scarcerato per decorrenza dei termini di custodia. Gli resta l’obbligo di firma e le polemiche si scatenano fino a giovedì 16, quando viene nuovamente arrestato per scontare la pena. Caso chiuso? Macché.

 

APPARECCHI SOSPETTI

Genchi ha continuato in questi mesi a sezionare, a partire dal 1999, i movimenti telematici dell’Imei e della scheda Gsm di Delli, condannato in passato per due rapine violente a danni di prostitute straniere. Viene fuori che Delli ha usato la sua scheda in 25 telefoni cellulari non suoi, molti dei quali intestati a donne. Lucciole di colore della zona di Firenze. Ma quando i carabinieri cercano di rintracciarle, alcune risultano irreperibili. Volatilizzate. Ed ecco materializzarsi il sospetto avanzato dagli inquirenti e raccolto da News. Il sospetto sulla morte di una prostituta di colore, uccisa con 18 coltellate e ritrovata per caso, ormai scheletro, nelle campagne di Scandicci. Il sospetto che Delli abbia usato, tra i cellulari di queste donne sparite, anche il suo. Come un “collezionista” di telefonini delle proprie vittime: un serial killer con una mania che gli può costare molto cara.

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