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Questo Paese non è completamente perduto.
La Corte di Cassazione ha ieri scritto una pagina importante capace di riaffermare il primato della legge sull’abuso e della giustizia sulla forza.
I vertici apicali della polizia di Stato sono stati condannati con sentenza definitiva per la sanguinosa irruzione nella scuola Diaz, avvenuta durante il vertice G8 di Genova del 2001.
Un blitz che lo stesso Michelangelo Fournier, all’epoca vice dirigente del reparto mobile di Roma, aveva definito da “macelleria messicana”.
La Cassazione, con coraggio, ha confermato la sentenza di Appello che, ribaltando l’impostazione dei giudici di primo grado, condannava anche i vertici delle forze dell’ordine.
Per un Paese come l’Italia, dove spesso le responsabilità vengono dolosamente scaricate sugli anelli più bassi delle catene di comando, si tratta di una straordinaria conquista di civiltà che rende onore imperituro ai giudici che hanno emesso una sentenza storica, in grado di lenire le profonde ferite dell’anima, non ancora rimarginate, delle tante incolpevoli vittime investite allora da una ondata di inumana e inspiegabile violenza.
Giovanni Luperi, capo dipartimento dell’Aisi, è stato condannato a 4 anni; stessa pena per Francesco Gratteri, capo della direzione centrale anticrimine. 3 anni e 8 mesi per Gilberto Calderozzi, capo del servizio centrale operativo.
Nessuno di loro finirà materialmente in carcere grazie all’indulto, ma la pena accessoria riguardante l’interdizione dai pubblici uffici determinerà l’immediata decadenza da tutti gli incarichi ancora oggi ricoperti. Al contrario della magistratura, che si conferma baluardo irrinunciabile per il mantenimento di uno stato di diritto mai come oggi vilipeso e minacciato, i nostri vertici politici e governativi appaiono oggi ancora più indifendibili e screditati.
Tutti i governi succedutosi dal 2001 ad oggi hanno vergognosamente coperto i protagonisti dei misfatti di Genova; non limitandosi soltanto a non prendere alcun provvedimento disciplinare di fronte a tale scempio, ma addirittura promuovendo sul campo i responsabili materiali del dramma consumatosi nella famigerata scuola Diaz.
Ora è perciò indispensabile che si apra nel Paese un pubblico dibattito volto a colpire con durezza le evidenti e ancora impunite responsabilità politiche.
Altrettanto omertoso e vergognoso il comportamento di alcuni giornalisti che, come Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera, continuano a manganellare le vittime usando la penna al posto del bastone. “Quella squadra d’élite che prese boss e terroristi cancellata d’un colpo”, titola sospirante Bianconi una volta indossati inopinatamente i panni del difensore d’ufficio aggiunto, autore oggi di un pezzo contenente accostamenti assolutamente impropri tra il caso in oggetto e quello Dell’Utri.
Sfida il senso del ridicolo anche l’attuale ministro Cancellieri che , intervistata da Fiorenza Sarzanini, si cimenta senza successo in una prova di ardimentoso equilibrismo.
La giustizia è finalmente arrivata anche per le vittime di Videla, feroce dittatore argentino del passato, condannato in questi giorni a 50 anni di carcere per le numerose atrocità commesse.
Un esempio importante e che serve a tenera alta l’attenzione, perché a furia di tollerare violenze in divisa si corre sempre il rischio far rivivere mostruosità del passato.
Qualcuno chieda infine al capo della polizia prefetto Manganelli se trova congrua la sanzione affibbiata all’ex vicequestore di Palermo Genchi (destituito dalla polizia per avere “leso il decoro dell’ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi”), rispetto al trattamento in guanti bianchi riservato a chi, certifica la Cassazione, ha commesso gravissimi e ingiustificabili abusi.
da “IL MORALISTA” di venerdì 6 luglio 2012
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