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Via libera dal tribunale olandese al dossier sull’operazione «Mularis» attorno a cui ruota un nuovo filone d’inchiesta a carico dell’imprenditore Pietro Di Vincenzo per trasferimento sospetto di capitali all’estero.
Ieri il tribunale di Alkmaar, a tutela del diritto di difesa dell’indagato, ha fissato e celebrato udienza camerale, per rogatoria. E alla fine ha concesso alla procura nissena la trasmissione degli atti relativi al rapporto «Mularis», ossia l’acquisto di fondi olandesi attraverso la «Ing bank».
Per l’esattezza un investimento di 22 milioni di euro che poi, secondo la tesi della procura nissena, sarebbero lievitati a 27 e di cui, otto anni fa, si sarebbe persa ogni traccia, in particolare, secondo gli inquirenti, alla data del 3 novembre del 2004, sarebbe cresciuto il capitale investito e Di Vincenzo avrebbe «nascosto» quei fondi facendoli sparire dietro una società che è gestita da personale di Montevideo e che ha la propria sede nelle Isole Vergini.
E in tal senso la procura nissena ha ipotizzato che sarebbe stato uno dei canali per la creazione, da parte della «Di Vincenzo spa» di «altri fondi neri che non si sa dove siano finiti». E anche la procura generale ha toccato questo tasto tra le pieghe del processo d’appello incentrato sul sequestro dei beni all’ex presidente dell’Ance, sottolineando che «poi abbiamo l’iscrizione al bilancio di crediti residui di cui non s’è visto mai l’esazione. Questa centrale dell’illecito, che poi era l’impresa Di Vincenzo non nasceva soltanto una “rapacità predatoria” del suo titolare che voleva arricchirsi in tutti i modi ma nasceva dalla necessità di gestire una grandissima quantità in nero che serviva a pagare le tangenti a politici le tangenti a mafiosi»
E questa movimentazione di capitale in Olanda e poi finiti, secondo la tesi dei magistrati nisseni, chissà dove, ha alimento il nuovo filone d’inchiesta a carico di Di Vincenzo.
Ma se da un lato la procura ritiene di avere toccato un altro nervo scoperto della holding legata alla «Di Vincenzo spa», dall’altro ve’è la tesi della difesa, dell’Avvocato Genchi in particolare, che dà una spiegazione della vicenda. Che in estrema sintesi parte dal presupposto che l’operazione «Mularis» non è stata gestita direttamente da Di Vincenzo ma piuttosto dalla «Ing Bank» che avrebbe curato l’operazione basata su un prestito fruttifero.
Più in dettaglio il prestito di 22 milioni originari sarebbe stato concesso dalla «Loverage finance international sa.», società che appartiene al gruppo «Ing Bank». E su quei 22 milioni di euro, sempre secondo l’Avvocato Genchi, sono maturati interessi.
«E detratti gli interessi sul mutuo – ha spiegato Genchi – ha poi pagato le tasse». Per la difesa nulla d’irregolare ma «semplicemente un investimento approfittando, in quel momento, di una normativa del governo Berlusconi che consentiva investimenti intereuropei. (“V.F.”)
C’è anche una parte di dossier fino ieri secretato tra gli incartamenti che il tribunale olandese di Alkmaar ha concesso ieri alla procura nissena.
La stessa difesa, attraverso l’Avvocato Gioacchino Genchi, ha espresso parere favorevole nella trasmissione degli atti. Parere che la normativa olandese indica espressamente a tutela del diritto di difesa e per cui, ieri, ha fissato l’udienza in camera di consiglio plurale, che s’è celebrata ieri a partire dalle 13.
Un’ora e poco più è stata sufficiente a chiudere la questione legata al dossier “Mularis”. Compreso la parte secretata della relazione redatta dal revisore dei conti della stessa società olandese che era stata acquistata dalla «Di Vincenzo spa».
E la stessa difesa ha richiesto la fetta «top secret» di quel rapporto dando il via libera all’acquisizione da parte della magistratura nissena. Che adesso ha a sua disposizione l’intero fascicolo per tracciare un quadro più dettagliato che è destinato a segnare il futuro sviluppo di questo nuovo troncone d’inchiesta a carico dell’imprenditore Pietro Di Vincenzo. (“V.F.”)
da “Giornale di Sicilia”, cronaca di Caltanissetta, pag. 14 di martedì 3 luglio 2012
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