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“Arnaldo La Barbera aveva carta bianca nelle indagini sulle stragi del ’92, era il dominus. Aveva delle deleghe in bianco. Poteva fare e strafare tutto quello che voleva. Trattava i giovani magistrati ma anche alcuni funzionari di polizia dall’alto verso il basso”.
E’ quanto ha riferito oggi, in Corte d’Assise, al processo “Borsellino quater”, Gioacchino Genchi, esperto informatico e subito dopo le stragi di Capaci e via d’Amelio, componente del pool costituito per indagare sugli attentati per poi lasciare il gruppo Falcone-Borsellino poiche’ non condivideva la gestione del falso collaboratore di giustizia, Vincenzo Scarantino.
“Sul lavoro di La Barbera – ha affermato Genchi – hanno fatto carriera intere generazioni della Polizia di Stato. Un intero apparato che ha governato e governa la sicurezza dello Stato. Dopo le stragi bisognava dare delle risposte, raccogliere il bottino. Ritenevo che Scarantino fosse farlocco per via anzitutto della sua genesi criminale, perché altro non era che ‘figlio’ di Candura e Valenti che non avevano nessuna caratura criminale. C’erano sicuramente degli elementi oggettivi nella sua collaborazione come il furto della Fiat 126 ma per il resto era inattendibile”.
Genchi ha anche detto di essere stato lui, lo scorso maggio, a rivelare all’ex procuratore aggiunto di Caltanissetta, Domenico Gozzo, oggi sostituto procuratore generale di Palermo, nel corso di un incontro casuale, che esisteva una relazione di servizio, redatta nel ’94 e da Genchi ricevuta nel 2014, da un poliziotto, Bartolo Iuppa (anch’egli sentito oggi), secondo la quale la signora Scarantino, nel febbraio del 94 andò a cercare nella sua abitazione, la moglie di Paolo Borsellino, la signora Agnese, per lamentarsi delle violenze e delle pressioni che il marito stava subendo in carcere.
La conversazione avvenuta fra Genchi e Gozzo è stata immediatamente riferita dal magistrato di Palermo con una relazione di servizio, ai colleghi nisseni.
Ma rimane un giallo perché Gozzo nella sua relazione di servizio ha anche riferito di aver appreso da Genchi, che Iuppa ricevette la visita di due poliziotti che lavoravano con lui, i quali gli dissero che non volevano sottostare ai diktat di La Barbera, che voleva imporre a Vincenzo Scarantino le dichiarazioni da rendere sulla stragi di via D’Amelio. Tuttavia Genchi, su questa vicenda ha riferito di non sapere nulla.
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