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Nei mesi successivi ai “botti” di Capaci e via D’Amelio le alte gerarchie del Viminale frequentavano abitualmente un ristorante di Palermo che negli anni Ottanta faceva da “postino” tra il boss Mariano Agate e un potente capo massone, ex ufficiale repubblichino, in passato coinvolto nelle indagini sul Sid deviato, e indicato come un “agente esterno” che avrebbe avuto un ruolo nella strategia stragista. Il ristorante è ”La Cuccagna”, il suo titolare è Francesco Paolo Sammarco, a sua volta massone in sonno, che nei depliant turistici si vanta di aver ospitato vip come re Juan Carlos di Borbone e Tom Cruise. E il massone è Luigi Savona, il Gran Maestro della Ciclopi Club, loggia di Torino, ritenuto anello di congiunzione tra mafia e massoneria.
Nei locali di via Principe di Granatelli, pranzava nelle sue trasferte palermitane l’ex capo dell’Ucigos Luigi De Sena, grande amico dell’ex questore Arnaldo LaBarbera, e qualche anno prima si recava assiduamente Savona, che il confidente Luigi Ilardo indicò al colonnello del Ros Michele Riccio “come uno dei mandanti degli attentati siciliani”. Da una parte, dunque, l’uomo che comandava l’ufficio centrale della Polizia di Stato per le investigazioni speciali che dovevano individuare gli assassini di Falcone e Borsellino; dall’altra il coordinatore delle logge segrete di Piazza del Gesù.
I due nel frattempo sono entrambi deceduti, ma la clamorosa coincidenza è stata svelata solo adesso, nell’aula giudiziaria di Caltanissetta dove si celebra il processo ai poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, imputati per il depistaggio di via D’Amelio. È stato per primo l’esperto informatico Gioacchino Genchi, il 15 gennaio scorso, a raccontare che “La Cuccagna” era tradizionalmente “il ristorante preferito dei questori di Palermo” e “delle gerarchie”. Non solo negli anni Novanta. “Quando (nel febbraio 2017, ndr) l’ultimo questore Guido Longo è stato trasferito, la cena di saluto l’ha fatta alla Cuccagna”.
Ma perché proprio a ”La Cuccagna”? Un’incomprensibile consuetudine, secondo Genchi, condivisa dagli uomini del Viminale: “Tutti continuavano a frequentare questo posto, anche se aveva una cucina pessima, ricordo involtini che sembravano presi all’obitorio…”. L’informatico ricorda di aver cenato lì con De Sena in epoca immediatamente successiva alle stragi: “Almeno fino al Natale del ’92. Lui era un vecchio viveur, alloggi.ava alle Palme, là vicino c’era la sede del Sisde e ‘La Cuccagna’ era il ristorante dove andavano i questori passati da Palermo”.
Gli aficionados del Viminale, compreso il titolare dell’Ucigos, ufficio di supporto operativo a Sismi e Sisde, potevano non sapere che il titolare della trattoria apprezzata dalle “gerarchie” era un massone, seppure in sonno? Lo sapeva sicuramente Savona che Sammarco con deferenza chiamava “il professore”. Sentito nel ’92 dal poliziotto Rino Germanà, che a Trapani indagava sui rapporti tra mafia e massoneria, il titolare della “Cuccagna” ammise le visite frequenti dell’ex ufficiale repubblichino nella sua trattoria Ed è stato proprio Germanà a ricordare il 17 gennaio scorso che negli anni Ottanta ”La Cuccagna” era il canale della famiglia mafiosa di Mazara per contattare Savona: “Al locale c’era Lo Nigro, un mafioso di Palermo, che faceva il cameriere. Era in auge il contrabbando di sigarette, avevano sequestrato un carico in Calabria: ricordo che il mafioso calabrese chiamava ‘La Cuccagna’, si faceva passare Lo Nigro e comunicava in codice che ‘sono tutti ammalati’, cioè che il carico era bloccato. Il ristorante tornò anche in un’altra indagine perché alcuni mafiosi mazaresi ordinarono un pranzo da mandare all’Ucciardone”.
Ma chi è Savona? E perché è incredibile che l’intelligence antimafia pranzasse nel suo locale preferito? Secondo il colonnello Michele Riccio, che lo apprese da Ilardo, il “professore” era amico di Gianni Chisena, un pugliese con trascorsi nel contrabbando di sigarette, ma soprattutto “un agente esterno dei Servizi” che poi finì ucciso. Palermitano, Savona aveva prestato servizio con il grado di tenente nelle SS italiane a Venezia “Inoltre – è sempre la ricostruzione di Riccio – il personaggio fu oggetto d’indagini a Torino, per la vicenda del ‘golpe bianco’ e delle deviazioni del Sid”. Riccio riferisce ancora che Savona “fu indagato anche da Falcone che evidenziò i suoi rapporti con un altro massone siciliano: Giuseppe Mandalari”. Da alcune indagini emerse infine che a Torino, Savona era in rapporti con Giovanni Bastone, uomo d’onore di Mazara del Vallo e amico del boss Mariano Agate, considerato vicinissimo alla massoneria. E chi era Bastone? Legato anch’egli alla massoneria, il suo ruolo incuriosì il pm fiorentino Gabriele Chelazzi che lo citò nel suo interrogatorio a Claudio Martelli: secondo il pentito Antonino Gullotta, Bastone sarebbe stato l’uomo che consegnò a Santo Mazzei il proiettile trovato nel giardino di Boboli a Firenze, che segnò l’inizio della stagione stragista del ’93. E in quel fine anno del ’92, ha accertato la Dia, Bastone trascorreva buona parte del suo tempo a Roma alloggiando nell’hotel Raphael.
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