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Con due sentenze quasi gemelle della sesta sezione (la «Iaria», n. 41554/23 e la «Kolgiokaj», n. 41555/23 ) la Cassazione cancella due richieste di custodia cautelare, pianta paletti precisi sull’acquisizione di intercettazioni e messaggistica «criptata» Sky ECC (la più usata dai narcotrafficanti internazionali), ma soprattutto sancisce che le chat non sono «documenti e dati informatici» acquisibili senza l’ok del giudice. «Sono due pronunce destinate a fare giurisprudenza», commenta con il Giornale Gioacchino Genchi, l’ex poliziotto esperto in intercettazioni che nella sua nuova veste di legale sta di fatto riscrivendo la normativa su cui lavora anche il Guardasigilli Carlo Nordio.
La prima sentenza ha sbugiardato Riesame di Milano e gip, rimettendo in libertà Bruno Iaria, calabrese accusato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di cocaina verso la Calabria. La seconda ha riguardato Indrit Kolgiokaj, coinvolto in fatti simili a Reggio Calabria. Per la Suprema corte le chat di Sky ECC che incastravano i due, cifrate in un server situato all’estero, non possono essere considerate utilizzabili ai sensi dell’articolo 234-bis del codice di procedura.
A fare scuola in questo caso è la sentenza della Corte di giustizia dell’Uedel 2 marzo 2021 (H.K., C-746/18), in cui si sottolinea che questi dati «esterni» alle comunicazioni violano la privacy, le deroghe devono essere circoscritte a reati gravissimi e limitate alle indagini. E soprattutto non può essere un pm ad autorizzarne l’accesso ma un giudice o un’autorità indipendente terza possono garantire «un giusto equilibrio tra la lotta alla criminalità e il rispetto della vita privata». Esulta l’avvocato Giacomo Iaria, che con Santo Iaria e Caterina Malara difende Bruno Iaria. Al Giornale sottolinea la portata della sentenza sul suo omonimo assistito: «È una pietra miliare. Non basta fare dei furti di dati con le metodiche di setacciamento usate in questo caso dall’Interpol, in spregio alla privacy e al diritto alla difesa. L’originalità e l’integrità delle chat e la genuinità della loro acquisizione devono essere sempre verificabili. Non si possono delegare le garanzie costituzionali a un Paese estero».
La vicenda si lega anche al casi Open che ha visto coinvolto l’ex premier Matteo Renzi. La Corte Costituzionale con sentenza n. 17 del 17 giugno 2023 ha ribadito alla Procura di Firenze che «la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili». Nel concetto di «corrispondenza» tutelato dall’articolo 15 della Costituzione rientrano i messaggini telefonici. Grazie a questa interpretazione giurisprudenziale nei giorni scorsi proprio Genchi aveva ottenuto lo scorso 9 ottobre una vittoria in appello a Milano contro la condanna a 16 anni di reclusione del 46enne Vincenzo Amato, coinvolto in tre episodi di narcotraffico e vittima della cosiddetta «pesca a strascico» con plurime intercettazioni telematiche non autorizzate dai giudici, in dispregio dei più elementari principi costituzionali. Una vittoria che di fatto ha anticipato la Cassazione, senza contare che nel caso di Amato «grazie ad una articolata indagine difensiva basata sull’elaborazione e sull’analisi delle chat» Genchi ha dimostrato che Amato non era neanche l’autore delle conversazioni su cui si fondavano le imputazioni.
«Alla luce dell’overruling costituito dalle due pronunce è prevedibile che a breve della questione saranno investite le Sezioni Unite – sottolinea Genchi – cui è auspicabile vengano rappresentate in modo chiaro e dettagliato le problematiche tecniche sottese alla insidiosità delle chat di Sky ECC, con le quali si corre il rischio di trasformare i processi penali in veri e propri giudizi ordalici di medievale memoria».
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