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Il numero dell’avvocato balza fuori dai tabulati di un telefonino il giorno dopo il colpo. Gli investigatori lo conoscono già. Si chiama Antonino Garofalo e con i mobili ci ha sempre fatto affari. Almeno a giudicare dall’inchiesta che, nel febbraio del 97, lo portò in carcere per un giro di usura legato proprio alla compravendita di mobili, giro al quale Cosa nostra non era affatto estranea. A chiamare l’avvocato, la mattina successiva alla rapina con sequestro di un Tir di mobili sbarcato a Palermo dal nord Italia è Gaetano Di Maggio, il cognato mobiliere dell’unico rapinatore arrestato, quel Matteo Caravello, nipote del boss Michelangelo La Barbera, da poco uscito dal carcere dopo aver scontato una condanna ad otto anni per lo stesso reato. I complici di Caravello sono finiti in manette ieri quando l’ufficio di prevenzione generale della questura di Palermo ha eseguito gli ordini di custodia cautelare firmati dal gip Marcello Viola su richiesta del sostituto procuratore Franco Bettini. I provvedimenti riguardano n manette Matteo Caravello, 40 anni, già detenuto, Damiano Corrao, 43 anni, Paolo Ingrassia, 39 anni e Giovanni Torino, 45 anni, già condannato per l’omicidio del commerciante Antonino Ferreri, ucciso nel 1976. Decisiva per indirizzare le indagini la perizia sui due telefonini sequestrati a Matteo Caravello il 20 gennaio scorso quando l’uomo fu sorpreso alla guida del camion proveniente da Pisa e diretto a Catania, con un carico di mobili per un valore di circa 70 mila euro. Il camion fu bloccato nei pressi di corso dei Mille e, sotto la minaccia di coltelli, due uomini costrinsero l’autista e una sua amica a salire su un’ auto insieme ad altri due complici che li tennero sotto sequestro per quattro ore. Lo strano percorso venne notato da un cittadino che chiamò il 113 consentendo alla polizia di arrestare Matteo Caravello. Dai due cellulari trovatigli addosso è partita l’indagine del consulente Gioacchino Genchi che ha consentito di identificare i tre complici e anche di risalire ad alcuni elementi che potrebbero presto portare a nuovi sviluppi legati agli eventuali interessi di Cosa nostra in un giro di rapine a Tir e al business dell’usura. Gli investigatori ritengono che ci siano elementi per addebitare alla stessa banda altre due rapine commesse nel 2004, una delle quali ai danni della stessa ditta di Pisa con l’assalto ad un mezzo sull’autostrada Palermo-Trapani.
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